venerdì 27 dicembre 2013

Umanità e pollame.

Un paio di post fa mi sono sfogata contro un povero ragazzo sfruttato dalla fidanzata definendolo pollo. A parte l'inequivocabile diritto a dire quello che voglio, perché mi sono permessa di esprimermi a quel modo? Semplice: anche io sono metaforicamente un pollo. Non so per quale motivo di preciso, ma ho mandato una whatsappata a mr. X per fargli gli auguri di buon Natale. Visto? Cosa dicevo? Sono un pollo.

Abbiamo pure lo stesso colorito pallido.

Stavo mandando degli auguri e mi sono detta che sarebbe stato un gesto da persona civile, matura e sicura di sé, smentita all'istante perché mi tremavano così tanto le mani che ho rischiato qualche pessimo errore ortografico o di mancare il tasto invio. Non mi aspettavo nulla in cambio, di solito le buone azioni restano impunite, no? Boh. Lui ricambia gli auguri, e un poco me lo aspettavo, mica ci vuole chissà quale cuore o quanto tempo per rispondere "anche a te". Eh, infatti. Ma chi se lo aspettava che mi avrebbe chiesto come sto, come va? Sono sei mesi che non me lo sentivo chiedere da lui. All'ultima cena con i colleghi ci siamo ignorati il più possibile, i nostri sguardi non si sono mai incrociati se non per frettolosi, superficiali e insapori saluti, alle sue battute ridevo con gli occhi lucidi, guardando delle foto lui è arrossito dopo aver fatto una battuta leggera su una mia foto, facendo sembrare falsa la sua nonchalance. Quella sera ci siamo salutati con un freddo baciarsi le guance, e sono sicura che anche lui in quel momento ha pensato a quando ci salutavamo con un abbraccio. O più di uno. Certi giorni fuori dall'edificio del corso sembrava che non avessimo la forza di andare ognuno per la sua strada di casa. A me piacevano i suoi abbracci, a me che gli abbracci non piacciono. Mi sentivo a casa, ogni volta che mi abbracciava.
E abbiamo iniziato a parlare come se questi sei mesi non fossero esistiti, come quando eravamo amici e scherzavamo invece di lavorare. Io con la mia riservatezza, le mie gaffe, le mie parole innocenti che a leggerle dopo un po' avevano un gusto amaro, se non addirittura di accusa, e lui con la sua riservatezza e i caratteri abbreviati. Questo la dice lunga su quanto mi piaceva: scriveva cose come k, bn, xò, e non ho mai fatto una piega, mentre ho flagellato il mio amico perché mi scriveva domande mettendo due punti interrogativi, o perché mi scriveva sta sera e non stasera. Son cose che fan riflettere... Per l'appunto, sono decisamente un pollo.
Sono un pollo che ha contribuito ad affossare una relazione promettente, che ha accettato atteggiamenti che avrei dovuto dirgli che mi infastidivano. So che ormai è un capitolo chiuso e irrecuperabile, per la mia scarsa fiducia nel prossimo, per lo stesso eccesso di riservatezza che abbiamo entrambi e che non ci permetterebbe di aprirci e di avere un vero rapporto. Sono troppo delusa dalla situazione, da lui ma anche molto da me. Ma è da ieri che continuo a chiedermi: mi piaceva davvero o mi piaceva perché diceva di volersi sposare giovane e avere una famiglia, cosa che placava la mia ansia da abbandono? O mi faccio queste domande inutili perché non voglio affrontare la verità, qualunque essa sia? Cazzo, quanto odio sentirmi così vulnerabile.

Già da tempo sto organizzando un altro viaggio con gli ex colleghi-amici, forse verrà anche lui. So che sarà un po' strano (un viaggio in compagnia implica sempre tanto tempo condiviso), ma so anche che mi sentirei in colpa se non partecipasse a causa mia. Però, pensandoci, credo di avere abbastanza controllo di me stessa da non fare danni e godermi il viaggio, senza ripercussioni sul gruppo. Ho già affrontato situazioni simili, quindi posso farcela ancora.
Viaggio futuro, io non ti temo.

mercoledì 18 dicembre 2013

Aria, ti respiro ancora, sai, nell'aria



La Sicilia è anche questo: sole, cielo limpido, mare azzurro e tranquillo a pochi giorni da Natale.
Mi sono lasciata un po' andare ultimamente. E' tornata l'insonnia e alle cinque del mattino quel bastardo di Morfeo ancora non si è visto. Poi finalmente arriva e mi dona sogni su Mister X. Ri bastardo.
Mi sono riavvicinata a degli amici simpatici e con loro all'alcool. Ma quanto sono allegra da sbronza, che gioia.
Ho comprato cinque libri in una settimana, pur avendo almeno trenta libri non ancora letti, pur non avendo concentrazione o voglia di leggere.
Secondo wikipedia ho un disturbo ossessivo-compulsivo e un principio di bipolarismo. Che schifo. Che gioia. Vaffanculo. Vabbè, ridiamoci sopra. Che sarà vero? Mhm, c'è speranza.
Ma poi guardo fuori, fa freddo, sto gelando (che genio, sono scalza!) e c'è il sole. Vado a fare un giro in auto, sola, musica a palla. Tranquillità assoluta.
Al lungomare non ci sono più quelle grandi e bellissime palme ormai da un paio di anni, ma cazzo quanto è bello il mio lungomare.

mercoledì 11 dicembre 2013

Zombie e Cotechino.

Questa è la storia di una coppia di fidanzati, Zombie e Cotechino. Zombie era un ragazzo alto, magro, all'apparenza un normale ragazzo, ma il suo status di non-morto era tradito dagli occhi: vi si leggeva nei bulbi oculari il vuoto cosmico. Anche la sua camminata non era delle migliori, così lenta e ciondolante da rischiare di auto-infliggersi uno sgambetto. Per sua fortuna, la sua fidanzata Cotechino era quel che in siciliano definiremmo un coccio di foco (una goccia di fuoco): un'unica fibra attiva e vitale dalle energie infinite di centoventi chili costretti e mal tenuti insieme da vestiti di taglia XS.
Un giorno, passeggiando mano nella mano per la città, i due si soffermano nell'atrio di una gioielleria. Cotechino, affascinata e desiderosa di nuovi ninnoli, trascina l'indifeso Zombie da un lato all'altro squittendo "Amore guarda questo! Amore, guarda che bello quello!" e senza farci caso, talmente presa da quelle visioni luccicose, pesta la punta bianca e immacolata di una All Star ai piedi di una nana scapigliata, lasciandoci sopra una macchia brunastra. La rissa, della quale la coppia non ha neanche il sospetto, viene percepita e assopita in fretta dalla Genitrice della nana, la quale (avendo dimenticato a casa i suoi occhiali) chiede alla nana di leggere per lei il costo di un anello.
Scoprono così che quell'anello, in pratica un sottile filo argenteo con una pietra trasparente che si nota a stento, costa 2500 €. La nana scapigliata ha un mezzo colpo apoplettico, apre bocca per esprimere la sorpresa e il disappunto e la Genitrice provvede a spiegarle con calma "Costa tanto perché è un anello di fidanzamento". Al che la nana replica, a voce alta:
Meno male che sono single, così risparmia almeno un povero pollo!

In seguito a tale affermazione, Zombie si volta e la nana scapigliata avrebbe potuto giurare di aver visto un soffio di vita negli occhi del ragazzo.



DISCLAIMER! Nessun essere vivente è stato maltrattato o privato dei suoi diritti per realizzare questo post.
La mia All Star macchiata non è affatto d'accordo.

sabato 23 novembre 2013

Da piccola

Credevo in molte cose.
Credevo che la gente sapesse che mentire è sbagliato e che non lo facesse mai (beata ingenuità).
Da piccola credevo che a Dio non piacessero i cani perché la mia adorata cagnolina era terrorizzata dai tuoni e stava sempre fuori dalla cuccia, anche a costo di bagnarsi tutta. L'inverno era un'angoscia continua.

Da piccola credevo che a venti anni avrei avuto una casa tutta mia, che non ci sarei stata spesso perché avrei viaggiato. Avrei avuto un lavoro, quindi avrei viaggiato, magari con una persona che mi amasse e non mi avrebbe lasciata mai, mai, mai. Odio ripetermi ma beata ingenuità.

Da piccola papà mi pagava con una banconota da mille lire ogni settimana se innaffiavo ogni giorno le sue piante (tranne la giummara, cioè la palma nana, ma papà non l'ha mai saputo perché quella dannata non si è mai decisa a perire; quella la odiavo perché ci bucavo sempre i palloni di mio fratello, rischiando così cazziatoni colossali e ripicche).

Da piccola volevo diventare cantante (prima di scoprire l'ineluttabile verità: sono stonata. Questo comunque non mi ha impedito di entrare nel coro della scuola media, solo perché ero una delle cocche della prof di musica e non mi ha fatto fare le audizioni. Grazie a lei ho saltato la maggior parte delle noiosissime lezioni di storia dell'arte, delle quali ad oggi ricordo a malapena che libro sembrava scritto in una lingua oscura).

Da piccola sognavo il futuro e volevo avere un lavoro per essere indipendente. Quale lavoro, oltre alla precedente? Camionista. Ebbene sì, era una delle opzioni che andavano per la maggiore; vuoi mettere? Essere pagata per viaggiare, stare svegli tutta la notte e mangiare schifezze super caloriche, che era tutto quello che volevo fare. Poi ci sono stati fotografa, botanica, vigile del fuoco, ciclista, maestra di italiano, pittrice, architetto, giornalista, scrittrice. E i sogni di carriera delle elementari sono completi.


Adesso ho quasi ventitré anni, nessun sogno di carriera, nessun sogno di amore imperituro, nessuna speranza che il futuro mi riservi qualcosa di grande e bello. Ho la crisi di mezza età, ancora una volta una crisi di identità fuori tempo. Crisi di identità pre-adolescenziale? Sedici anni. Crisi dei trenta anni? Ventitré meno due mesi. Caspita, spero che la soglia dei trenta sia un passaggio più semplice.



-Sono paranoico ed ossessivo fino all'abiura di me-

[citazioni da "Abiura di me" di Caparezza, da Le dimensioni del mio caos, 2008:
Io non vengo dalla strada, sono troppo nerd. Non sposo quella causa ho troppi flirt.

Nemmeno Freud saprebbe spiegarmi [...], perché la terra mi pare talmente maligna che in confronto Silent Hill assomiglia a Topolinia. Io devo scrivere perché sennò sclero.]

giovedì 14 novembre 2013

Tu...

Tu, disgraziato, non so dove tu sia. Non so cosa stai facendo.
Magari ripensi a me e ridacchi, oppure ti maledici per non aver completato il tuo inaspettato regalo.
Tu, ignobile sacco di immondizia indifferenziata, ti aggiravi nell'ombra aspettando il beato momento in cui io riuscissi a parcheggiare e la lasciassi là, incustodita e solitaria.
Sei paziente tu, ci giurerei, ma non potevi immaginare che avrei dimenticato qualcosa e che sarei tornata alla mia auto. Che avrei rimesso in moto e me ne sarei andata, impedendo ai tuoi piani di procedere come sognavi.
Tu, chiunque tu sia, ovunque tu ti trovi, ho un messaggio per te, caro conterraneo:

MA VA ETTATE A MODDRO CU UNA MAZZARA N'CODDRO!
Anzi, VAE A COGGHIRE CARRUBBE CHI UN SI BONO MANCO PI ZAPPA!

(Traduzione alla buona: buttati in acqua con un masso legato al collo. Vai a raccogliere carrube che non vai bene neanche per essere una zappa)
Insomma, qualcuno ha tentato di rubarmi l'auto facendo leva sul finestrino, con il solo risultato di trovarmi con una fiancata graffiata e senza la striscia di plastica che si trova tra finestrino e portiera (avrà un nome ma chi lo sa?). L'ho dovuto ricomprare spendendo alla facciazza sua venti euro. Capite? Venti euro per un pezzo di plastica. VENTI MALEDETTISSIMI EURO.
E per aggiungere la beffa al danno, vado su Facebook per la mia visita settimanale e boom. Mi ritrovo sbattute in faccia sulla mia home page foto di lui, il mio Mister X con una tizia, vicini al punto di avere la faccia appiccicata. Quando ancora lo credevo "solo" un amico (okay, zero dignità: la verità è che già mi piaceva e credevo che lui non ricambiasse l'interesse, cosa che poi si è dimostrata ovvia), quante volte gli ho chiesto con innocenza di mettere una nostra foto su Facebook? Lui diceva sempre sì, che si era dimenticato, ma non l'ha mai fatto. E io ho sprecato lacrime per questo tizio. Mai più! Adesso basta!


Al diavolo tutto, io da grande farò l'eremita.




giovedì 31 ottobre 2013

Per un pugno di zucchero.

Da un po' mi frulla per la testa l'idea di scrivere qualcosa che riguardi la cultura "old style" siciliana, modi di fare del siciliano medio, fatti storici (reali, presunti tali, leggende metropolitane) e quant'altro. Oggi pensavo alla "festa dei morti", Ognissanti. Devo ammettere di avere dei ricordi controversi a riguardo, ma sorvolo.

Per la maggior parte dei bambini siciliani questa non era una festa triste poiché era sinonimo di ZUCCHERO e DOLCIUMI. La gioia di ogni dentista, in pratica. Non ho reperti personali da mostrare, ma Google vale soldi a palate anche per questo quindi cercatevi le immagini. Come sono cordiale, io.
Comunque, i dolci tipici della festa ante-Halloween sono:

- FRUTTA MARTORANA: dolce a forma di frutta e ortaggi, composta principalmente da farina di mandorle e zucchero; il sapore è simile al marzapane, ma più dolce. Dare uno di questi ad un diabetico può definirsi suicidio assistito. E pass gratuito per il Paradiso (attenzione a San Pietro, se si ha ancora il dolcetto potrebbe essere soggetto a cleptomania).

-esclusivamente per la gioia dei piccoli, "U PUPO RI ZUCCARO", il pupazzo di zucchero. In pratica sono gli stessi ingredienti della precedente, ma invece della classica forma di frutta o verdura questi hanno la forma di bambini, donne in abiti tradizionali, uomini a cavallo, coniglietti, o altri graziosi animali/personaggi di fantasia che raggiungono tranquillamente l'altezza di trenta centimetri (e ne ho visti anche di più grandi). Si tratta di vere opere d'arte, in quanto un bravo "artigiano" li intaglia e li colora rendendoli perfetti e realistici come se fossero di ceramica dipinta.
Mi si stringeva il cuore a mangiarli, però qualcuno doveva pur farlo!

Tradizione.
Sempre per la gioia dei bambini (probabilmente per evitare di instillare in loro la paura della morte e del distacco, per imparare ad apprezzare le piccole cose) c'era una tradizione: si comprava uno o più giocattoli per ogni bambino e/o cioccolatini, si nascondevano da qualche parte in casa e si diceva ai bambini che i cari defunti avevano fatto una visita, avevano portato dei regali per loro e che dovevano trovarli. Caccia al tesoro.

Questo mi riporta alla mente l'originalità dirompente di mia madre: il bottino era sempre nel comodino della nonna, nel ripiano più alto. Ti piace vincere facile? Ponci ponci po po po!
E c'erano dei dettagli che mi puzzavano di presa per i fondelli: mia madre mi portava in dei negozi di casalinghi, o pseudo centri commerciali, e mi diceva di scegliere un giocattolo (anche se si intrometteva nella scelta con i suoi immancabili commenti, suppongo perché quello che mi piaceva di più era sempre la cosa più costosa, quindi mi manovrava abilmente verso scelte più economiche; mai dire la scomoda verità a una bambina, era la regola). Durante l'acquisto mi diceva che quel giocattolo me lo regalavano i morti. Poteva essere una cosa inquietante da dire ad una bambina, per me era semplicemente strano che queste entità senza nome mi regalassero un giocattolo scadente con i soldi di mamma e mi chiedevo se avessero pochi soldi come lei o se fosse un'altra delle storie che mi raccontava.

Tornando a parlare in generale, la festa dei morti era davvero una festa, una giornata per ricordare chi non c'è più, non per essere tristi ma per ricordare che in qualche maniera non li abbiamo persi.

A volte credere alle storie è meglio che non credere a nulla.
E ridatemi il mio pupo di zuccaro, non voglio le vostre maschere.

domenica 20 ottobre 2013

Pensieri alla JD di Scrubs.

Le notti bruciavano di stelle
e tu rimboccavi strette le coperte per non vederle.
E nel freddo cercavi qualcuno che ti dicesse "non abbiamo nessuno"
e mi ripetevi: che cosa ci manca?
Che cosa ti manca? Ti manca l'asfalto, ti manca lo sguardo, il giudizio degli altri,
ti manca un motivo per sentirti al centro, ti manca la mira per prendere i corvi,
ci mancano i soldi, ti mancano i soldi.

[Ministri, Che cosa ti manca. Album: Fuori, 2010]

Oggi ho bisogno di sfogarmi, ci sono cose che devo dire per non sentirmele pesare ancora sulle spalle, informi pensieri traditori. E mi riesce un po' più semplice parlarne a degli sconosciuti, piuttosto che ai miei amici; ancora meno alla mia migliore amica, che sta lontano e ha i suoi problemi (come tutti, del resto) e non me la sento proprio di farle carico anche di queste cose inutili che mi girano per la testa. Basta tergiversare, caspita quanto sto diventando logorroica.
Quindi.
Che cosa ti manca, mi chiedono quei tre Ministri. Una delle cose belle dei loro testi è che si possono interpretare in maniere diverse, e non è detto che come la vedo io sia come la vedi tu, o come la vedono loro. Per me Che cosa ti manca è l'emblema del vuoto di ideologie, la mancanza di qualcosa in cui credere, l'insoddisfazione che prima o poi spinge ogni essere umano a chiedersi: che cosa ci manca per essere felici/soddisfatti/per stare davvero bene?
E magari si finisce con il concentrarsi sulle cose che mancano, tralasciando tutto quello che in effetti si ha, sottovalutando (o non valutando affatto) quelle piccole cose quotidiane che fanno parte della nostra vita senza farci caso, dando per scontato che ci siano. Ma l'essere umano, probabilmente per qualche residuo di istinto di evoluzione della specie, non è quasi mai pienamente soddisfatto della situazione, si vuole sempre di più, di meglio. Anche quando non si sa cosa si vuole di preciso. E allora ci si arrabbia, si urla, si scalpita. Per poi finire, in qualche modo, e ricominciare.
A parte una cosa in cui avevo creduto pochi mesi fa, non ricordo quando ho creduto in qualcosa, non so che sensazione dia, quale senso di sicurezza o rassicurazione.
C'è gente che crede in Dio, ogni cosa riconducibile alla segreta e arbitraria volontà dello stesso ignoto soggetto. Non c'è cosa che sfugga al "sistema".
C'è gente che crede nel fare, nelle azioni. Gente che si sveglia di proposito alle cinque del mattino per andare a correre due ore, poi andare al lavoro, mangiare, andare in palestra, fare spinning, fare escursioni in montagna, fare una nuotata, fare sesso, fare windsurf... Fare, fare, fare.
C'è chi crede nel nichilismo, che nulla siamo, nulla saremo, nulla esiste; ma poi mi chiedo se non avesse ragione Parmenide quando diceva che l'essere è e il non essere non è, che se lo si può nominare allora esiste perché lo si può definire, anche se solo a parole. Dovendo citare per esattezza, sarebbe:

"Orbene io ti dirò, e tu ascolta accuratamente il discorso, quali sono le vie di ricerca che sole sono da pensare: l'una che "è" e che non è possibile che non sia, e questo è il sentiero della Persuasione (infatti segue la Verità); l'altra che "non è" e che è necessario che non sia, e io ti dico che questo è un sentiero del tutto inaccessibile: infatti non potresti avere cognizione di ciò che non è (poiché non è possibile), né potresti esprimerlo"


Il concetto è notevole e a grandi linee la accetto, mi convince, ma non mi è mai stata chiara una cosa: se esiste tutto ciò che si può definire, vuol dire che esistono anche unicorni, gremlin, leprechaun e via dicendo? Lo so che non intendeva propriamente questo, ma volendo essere idioti ma precisi la domanda non è tanto fuori luogo. O forse sì, non sono nella squadra della buon costume. Arrangiamoci.
La smetto, mi è venuto mal di testa. E poi non ricordo più cosa volevo dire all'inizio.


Volevamo arrivare fino in fondo
Volevamo qualcosa che non fosse di nessuno
per dire è "nostro"
e se fosse arrivato qualcuno
ricordarsi di dire "qui non è di nessuno"
ma nessuno arrivava e tu ripetevi: che cosa ci manca? Che cosa ti manca?
Ti mancano gli altri, ti manca la radio,
ti manca la gente da stadio e un armadio dove mettere i giorni che stiamo perdendo,
ti manca la guerra, ci manca la mira

Le notti bruciavano di stelle
e tu rimboccavi strette le coperte per non vederle
e nel freddo cercavi qualcuno
che ti dicesse:"Non abbiamo nessuno" e mi ripetevi:
Che cosa ti manca? Che cosa ci manca?
Ti manca l'asfalto, ti manca lo sguardo, il giudizio degli altri,
ti manca un motivo per sentirti al centro, ti manca la mira per prendere i corvi,
ci mancano i soldi, ti mancano i soldi

Ti mancano gli altri, ti manca la radio, ti manca la gente da stadio e un armadio
dove mettere i giorni che stiamo perdendo, ti manca la guerra,
ti manca un motivo per sentirti al centro.

Ti mancano gli altri, la voglia di avermi sempre davanti (ci manca la guerra) ti mancano gli altri,
la voglia di avermi sempre davanti (ci mancano i soldi)
ti mancano i soldi, ti manca la voglia di avermi sempre davanti
ti mancano gli altri, ti manca la voglia di avermi sempre davanti

ti mancano gli altri, ti manca la radio, ti manca la gente da stadio e un armadio
dove mettere i giorni che stiamo perdendo, ti manca la guerra,
ti manca un motivo per sentirti al centro.

domenica 29 settembre 2013

Angolo libro: Misery, di Stephen King

Era da tempo immemore che non deliravo in questo mio angolino. Ma ho questa spinta incontrollabile che pretende che io scriva qualche fesseria senza senso mia impressione su Misery, di Stephen King.
Non so bene cosa mi aspettassi da questo libro, visto che ho letto L'incendiaria di King e non mi era piaciuto; fondamentalmente ho riscontrato gli stessi intoppi, c'è qualcosa nel suo stile narrativo che non mi convince. Per esempio, la scelta di parole poco usate nella vita di tutti i giorni (e qualcuna ammetto di averla dovuta cercare nel vocabolario) e la tendenza ai salti temporali mi fanno perdere il ritmo della lettura, spezzano la concentrazione. Per qualche strano processo mentale, la mia anima lettrice divide in due parti Misery. La prima parte, circa duecento pagine (di quasi quattrocento complessive), raccontano i terribili momenti dello scrittore Paul Sheldon dal giorno del suo incidente automobilistico al giorno in cui si sveglia a casa di Annie Wilkes, che si dichiara la sua "ammiratrice numero uno", e inizia la sua lunga e travagliata convalescenza. La donna, ex infermiera con un oscuro passato e una sanità mentale per niente raccomandabile, lo cura (all'incirca) e lo fa diventare dipendente da un farmaco, il tutto perché lo scrittore aveva concluso la sua saga uccidendo la protagonista e lei, sfruttando le sue precarie condizioni fisiche, lo costringe a resuscitare Misery e a scrivere per lei.
Ora, essere rapiti e tenuti in ostaggio da una squilibrata con il complesso dell'angelo della giustizia è senza dubbio una cosa orribile che non augurerei a nessuno, neanche al mio peggior nemico; ma, non so come, in questa parte non riesco a sentire brividi o inquietudine, è addirittura noioso. Una pesantezza spossante. Così pesante che ora non posso fare a meno di usare quintali di aggettivi e avverbi. L'unico episodio che mi ha mandato il cuore in gola in questa parte è stato quando Annie lo costringe a bruciare l'unica copia del suo inedito manoscritto. Fosse bruciata l'unica copia di un mio immeritevole ma lodevole manoscritto come minimo mi sarebbe venuto un infarto. E probabilmente non avrei avuto accesso alla seconda parte, fine dei giochi.
Nella seconda parte cambia qualcosa. Non vorrei dire troppo quindi mi limito a questo: Annie uccide un giovane poliziotto e amputa un piede e un pollice allo scrittore, tutto con tanti di quei dettagli sanguinosi e violenti da sfociare quasi nello splatter. Ho rischiato fortemente di vomitare; anche solo ripensarci mi sale la nausea. Già non riuscivo più a guardare un'ascia senza avere i brividi dopo aver visto Jack Nicholson in Shining, ora non voglio immaginare quanto sia degenerata... Grazie infinite, Mr. King!
Le ultime pagine sono angoscia pura, lei resa sempre più instabile e imprevedibile dalla pressione dovuta alla vicinanza della polizia, lui che finisce il libro in vista di chiudere i conti con la sua carceriera in un faccia a faccia che, in un modo o nell'altro e lui lo sa, avrà come esito la vita di almeno uno di loro.
Alla fine fuoco e fiamme, e fine.
Alleluia.
In sostanza, non so se mi sia piaciuto davvero oppure no e probabilmente non lo voglio neanche sapere.

Libro consigliato a chi ha tanta pazienza e lo stomaco forte.
Andate in pace, miei prodi!

sabato 14 settembre 2013

Se per caso cadesse il mondo, io mi sposto un po' p... BOOM!


Due sere fa avevo una spiacevole sensazione addosso, qualcosa che diceva "ricordi perché non ti piacciono le sorprese?". Sfiga portami via. Ieri mattina mi sveglio e trovo un messaggio. Il sottofondo nella mia testa è stato un tuono, un unico singolo boato nello stile in cui si annunciava la Caccia Selvaggia. Era un sms di Mister X, il mago Casanova della mia vita. Torna dopo due mesi di totale silenzio (non ho contato i giorni... No, davvero) e con un sms telegrafico. Un sms dopo quello (scritto abbreviato e senza la minima traccia di punteggiatura, ma cosa abbiamo dodici anni?) va di nuovo via, libero come il foglio con gli sconti che ti lasciano sospeso nel buco della posta e portato via dal vento. Okay, non mi sono dimostrata né felice di sentirlo né interessata alla sua risposta (e a dirla tutta non ho ancora capito cosa provassi a riguardo, e in fondo ormai non importa) ma comunque gentile ed educata, però in quale universo torni dalla persona da cui sei andato via per una manciata di parole? Perché turbare lo stato delle cose se non hai intenzione di rimanere neanche per le solite due chiacchiere di rito tra persone civilizzate? Ero di nuovo me stessa, rassegnata sul fatto che mi ero sbagliata su di lui, su di noi, lo avevo accettato e messo in archivio (quello buio e polveroso dove non si sosta mai a lungo). E poi mi sveglio e trovo un suo sms. Perché?
Da lì apriti cielo. Sono stata di malumore tutto il giorno. La mia testa ha trascorso un'ora sotto le mani di una parrucchiera, cosa che non mi era mai successa, nemmeno quella volta che mi sono fatta tagliare la bellezza di cinque dita di capelli con tanto di acconciatura (mi sembra di ricordare che fosse la mia comunione o cresima, chissà). Dopo svariati tentativi dico "okay, vanno bene così", torno a casa e tolgo tutto senza ripensamenti. Soldi buttati nel cesso. E scusate il francesismo.
E quindi via tutto! In fondo era solo per un ricevimento di matrimonio. Ma la sfiga persiste: tavolo vicino agli amplificatori (con musica alquanto discutibile), salse pesanti al punto da coprire il sapore di salmoni o gamberetti, ricevimento all'aria aperta con l'umidità che mi teneva le tempie sotto torchio, i tacchi (che già odio di per sé) che sprofondavano nel prato, e buffet. Non ho niente contro i matrimoni, anche se ne ho un'idea tutta mia, ma ho molto contro i buffet: gente che spintona, che ti ruba il cibo, che prende con le mani oppure prende, mette nel suo piatto magari mischiando aceti con salse delicate, poi si accorge che non lo vuole e lo rimette dove lo ha trovato.
Ma poi che razza di vino era? Sospetto che ci abbiano messo dentro qualcosa perché dopo appena due bicchieri neanche pieni mi ritrovo improvvisamente con il cellulare in mano e sul display il testo di un sms. Non mi aspettavo un tuo sms, avevo inconsciamente scritto. Certo che non mi aspettavo un suo sms, ma non ha senso dirlo proprio a lui. E per fortuna mi sono fermata in tempo. Tremo al pensiero di quello che gli avrei scritto se avessi bevuto vodka, invece del vino. Ma come spesso accade, ho una canzone accanto a me che mi fa stare meglio.



A dire il vero io volevo solo stare bene
Fare a meno di vederti quando fuori piove
convincere i vicini a fare l'amore
stare alla larga dai finali a crepacuore
Non muovere un dito per restare insieme
godermi l'equilibrio finché tiene
A dire il vero io volevo solo stare bene
ricordarmi che sei bella una volta al mese


A dire il vero io volevo solo stare bene
preoccuparmi dei tuoi occhi quando mi conviene
guardare il cielo solo per le comete
trovare un senso a tutto come un buon prete
A dire il vero io volevo solo stare bene
sdraiarmi sulla terra finché scende il sole
sperando che anche gli altri abbiano trovato amore
nei viali deserti delle città vuote


E chilometri e chilometri
di scogliere e di discariche
di balconi affacciati sui binari e sugli svincoli
non chiediamo altro al mondo
che distruggerci e poi salvarci
prima che sia troppo tardi per
i farmaci e per le plastiche
questa voglia di superarsi
e di spingere e di spingere


A dire il vero io volevo solo stare bene
lavare per terra una volta al mese
e non spolverare i ripiani alti
di una libreria con i piedi scalzi
A dire il vero io volevo solo stare bene
piacere alla gente che ai prelievi sviene
le corsie d'emergenza non sono mai vuote
di donatori e grosse cilindrate

E chilometri e chilometri
di scogliere e di discariche
di balconi affacciati sui binari e sugli svincoli
non chiediamo altro al mondo
che distruggerci e poi salvarci
prima che sia troppo tardi per
i farmaci e per le plastiche
questa voglia di superarsi
e di spingere e di spingere

[Ministri, Spingere, album: Per un passato migliore, 2013]

venerdì 6 settembre 2013

Take a look around.

In sintesi: sono tornata più o meno me stessa, solo ancora un pochettino ammaccata. Certo, basta una scena in un film o in un libro per farmi venire gli occhi lucidi o un attacco di feroce acidità, ma ho ripreso a leggere, ad avere voglia di scherzare e a provare l'impulso di riempire una valigia e andare boh, da qualunque altra parte. Normale amministrazione.
Siccome non ho modo di partire, mi rifugio nella finzione di essere turista nella mia città. Portate pazienza, non reggo molto le delusioni... Comunque, foto foto e foto!
Le foto sono piuttosto scure, lo ammetto, ma che volete, ho un cellulare dalle possibilità limitate e il cielo è scuro in questi giorni. La spiaggia è una delle meno popolate, viene quasi snobbata. In fondo è solo un metro scarso di sabbia che via via lascia il posto a qualche scoglio. Era lì che mio padre mi portava da piccola. E adesso non ci vado quasi più perché ci sono spiagge più belle, acque più azzurre, sabbia più dorata, meno alghe (o quasi niente). Ma se si cerca solitudine e si è fortunati (sfortuna non voglia ci sia una sola unica famiglia con tre bambini uno più chiassoso dell'altro, che immancabilmente ti viene voglia di urlare e gettarli uno per volta contro uno scoglio molto appuntito), beh, questo è il posto giusto per schiarirsi le idee con il sottofondo delle onde, inebriati dall'aria salata.



Fortino, il miglior pensatoio










lunedì 19 agosto 2013

Chi...

Chi trova un' amica, ma perde lei e un'altra.
Chi assiste alla rovina di un'amicizia sapendo che non può fare nulla per impedirlo.
Chi trova un fidanzato, e chi proprio non ci riesce (né a trovarlo né a tenerselo).
Chi trova lavoro e parte senza dire niente o quasi, lasciandoti irrimediabilmente indietro.
Chi aveva deciso di credere nel futuro ma poi ha preso una cantonata.
Chi cambia strada dopo aver visto una persona che non incontrava da un po' perché si è reso conto che ha fatto troppi passi indietro.
Chi si vede rinfacciare il proprio passato con dettagli che non corrispondono a verità.
Chi non sa quale sia il passo successivo.
Chi pensa che forse avrebbe fatto meglio a fare quella gita senza fare ritorno a casa.
Chi non ha più voglia di pensare, o di guardarsi intorno.



Chi vuole giocare con me a "ce l'ho - non ce l'ho" come con le figurine? Io ce le ho tutte, collezionate nella bellezza di una stagione.


giovedì 1 agosto 2013

Notizie in diretta.

Poco fa mia madre aveva intenzione di guardare una "edizione speciale" del TG di non so bene quale canale televisivo poiché, di certo entro mezz'ora e in diretta, si sarebbe diffusa la notizia circa l'esito di uno dei tanti processi a Silvio Berlusconi. Il risultato è che l'ho mandata gentilmente a farsi due riflessioni. Ho detto gentilmente? Forse dovrei cercare il termine gentilezza sul vocabolario... Non è colpa mia se sono acida, mi disegnano così.
Comunque. Non ho intenzione di ascoltare un qualsiasi telegiornale perché, che a noi pubblico spettatore piaccia o meno, questo è un argomento "scottante" e in quanto tale ne sentiremo parlare ovunque, in lungo in largo in 3D, ovunque, dovunque e comunque. Ci saranno servizi su servizi, ipotesi di boicottaggio, di pagamento, di persecuzione. Lo stesso copione insomma, con qualche piccola variante del caso.

Seriamente mi chiedo chi davvero crede che, nel caso di una condanna nella quale non entro in merito, il signor B. la sconterà appieno in un normale carcere. Senza privilegi, senza riduzione di pena, senza guardie donne o simpatici uomini ben pagati che gli fanno passare il tempo tra un'aragosta e un assegno bancario giocando a scacchi.
Se si decidesse per gli arresti domiciliari, trovo ridicolo definire "punizione" costringere qualcuno a restare chiuso in una lussuosa e spaziosa villa, con tutti i comfort possibili e immaginabili. Che grandissimo sacrificio andare a farsi il bagno soltanto nella propria piscina (che vale il doppio o il triplo di quanto vale una casa medio-borghese), che sofferenza avere il condizionatore d'aria in ogni stanza, che tristezza avere la propria televisione con home theatre, che delusione rinunciare alla possibilità di socializzare e di conoscere gente nuova. Mi piange il cuore.


In sostanza, questo è uno show che non ho intenzione di seguire. Ho smesso di credere nella giustizia molto tempo fa, ma la mia coscienza sociale non dipende da questo e vive a parte.

martedì 16 luglio 2013

It wasn't enough.

Negli ultimi tempi non ho avuto voglia di scrivere, o di leggere, o di uscire, o di parlare con la gente. Invece  riesumo canzoni che non ascoltavo da anni, leggo un libro che ho già letto, esco con gli amici, parlo con ragazzini polacchi incontrati al mare che, ci giurerei, mi hanno fatto dire cose irripetibili e inadatti alla buona creanza. Nelle foto sorrido. Alle persone che incontro rispondo "Sto bene", e sorrido. Che fare quando la sensazione di non aver fatto abbastanza non lascia scampo? Che fare quando fai la media dei successi, degli errori, degli insuccessi e ti accorgi che non è abbastanza? Che fare se l'abitudine di non mollare mai non la trovi più, e pensi che sì, forse è il caso di mollare? Che fare quando capisci che, in fondo, hai fatto tutto quello che potevi e che comunque non è stato abbastanza? A chi mi dice "credi - abbi fede - si vede che era destino" certe volte vorrei sputare in faccia, oggi mi dico: se vuoi credere credici, se vuoi, se ti piace così, ma non pretendere che io faccia altrettanto.

H.W. Longfellow scrisse:
Tutti sono autori del proprio destino. Perciò non guardare con tristezza al passato, perché non tornerà.
Non credo sia così semplice. Non credo che volere sia potere, che uno se vuole davvero qualcosa deve semplicemente impegnarsi a costruirsi la strada. E il passato a volte torna sotto altri aspetti. Per quanto ci si possa impegnare, c'è sempre qualche dettaglio che manda tutto all'aria, qualcosa cui non si era pensato, cui non si era preparati. A volte nessuno sforzo è abbastanza.

Riflessioni spontanee grazie alla spinta di questa canzone. Io sono così, sorrido e scherzo anche quando le cose non mi vanno per il verso giusto, mantengo toni allegri che nascondono pensieri tetri di cui sopra. Ve la lascio, che sia di buon auspicio.


It wasn't enough
I will try to believe in the things I cannot see
but my faith is shaken now like it's never been before
When I call and you don't come
I don't know what I should do
Should I call?
Should I even count on you?
 I've given all I can
It wasn't enough
to keep you in my hands
Should I give up?
I try to understand
was it ever enough?
I don't understand
So here I am once again
with my back against the wall
Afraid to show you
afraid to tell you
I don't know you like I did
I've never been so alone
I've never been so insecure
And now I don't know where I'm going
in my life I'm not so sure
 Givin up tonight
I won't let go, won't let go of you
Givin up tonight
I wanna show you, wanna show you
Givin up tonight
I won't let go, won't let go of you

Am I givin up? Givin up
I don't wanna give this up, I won't
Everything you want from me
I fought so hard for everything
Everything you want from me
I tried so hard could never be
Anything you want from me (...)
I gave it all.
[Good Charlotte, It wasn't enough. The Chronicles of life and death, 2004]

venerdì 28 giugno 2013

Someone's gonna light you up.

E niente, ero lì bella tranquilla ad ascoltare i brani di Requiem, album dei Verdena, su youtube (una delle migliori invenzioni salva-ozio) quando, scorrendo la lista dei suggerimenti, per sbaglio ci clicco su. Finito il momento parolacce, è seguita la fase ma che cavolo sto ascoltando?, per finire penso che vabbè, che male può fare? Poteva andare peggio. Il video è questo.


Avevo una strana sensazione mentre la ascoltavo, era come se mi parlasse. Me squilibrata. Comunque. Forse non è chissà quale opera d'arte ma spinta dalla curiosità vado a leggermi il testo. Risultato? Forse non so l'inglese (senza forse) ma ho un intuito pari al mio livello di sfiga. Livello millemila. Bla bla a parte, ecco il testo di SOMEONE'S GONNA LIGHT YOU UP:

You've waited for somebody to break into your life
And be your shelter for the night  (ci ho sperato per anni, ma tranquilli che poi ho smesso)
Don't lose it now just drag yourself back into the light
You'll find yourself a reason, don't you give up the fight
Sick of all the rain and tired of the waiting
Is it ever gonna stop?
It's gonna be okay, hush hush
And there will be a day, don't rush
When someone's gonna light you up

I know that you are suffering and torn up inside
I saw the ocean in your eyes
I wish that you will find a place in paradise
I think you'd better run before the storm will rise
And every time the show's about to start
You're getting even deeper in the dark
And every time you say that you will change
You're getting someone else to play your part
Always
Sick of all the rain and tired of the waiting
For someone to take a shot
It's gonna be okay and there will be a day when
Someone's gonna light you up
Someone's gonna light you up
Someone's gonna light you up

[The Rasmus, album: The Rasmus, anno 2012. Altre informazioni QUI]
E' così sbagliato se per una volta, almeno una sola volta, se qualcuno venisse a illuminarmi? Del resto che importa, qualunque sia la risposta, io non aspetterò.

martedì 25 giugno 2013

Cose belle

No, non sto scherzando. Io, la regina delle paranoie e del pessimismo, voglio scrivere una serie di cose che mi portano ad essere allegra (almeno tento). Anche perché troppi post qui parlano di Lui, Mister X. Lui, che un po' c'è e un po' è assente. Lui, che mi fa saltare i nervi in quattro salti in padella peggio dei cambi di Supernatural nel palinsesto della Rai. Un attimo parliamo di programmi futuri e un attimo dopo PUFF! scompare nel nulla. Sparito. Dissolto. DILEGUOSSI.

 
E non mi ha lasciato nessun oggetto di cristallo per consolazione.

Diamine, basta. Mi mancano persino gli epiteti, e sospetto sia a causa delle eccessive dosi di nicotina e tabacco... Comunque, cose belle. Belle... diciamo piacevoli svaghi.

1- Panino con le panelle. L'ho mangiato talmente in fretta da non aver avuto il tempo di fare una foto.

2- Lui.



Alexander Skarsgard, e non c'è niente da aggiungere. I miei ormoni fanno la Ola.

3- Il fumetto Nemi, della norvegese Lise Myhre. E non mi piace soltanto perché per molti versi ci somigliamo, quindi andate a vedere qualche immagine in questa pagina di Facebook: https://www.facebook.com/nempaginaitalianavol2
I believe in peace, bitch



4- Ho convertito con successo un amico alla musica dei Ministri. Somma giuoia et gaudio.

5- Il refrigerio di una buona birra fredda.

Superficiale, forse, ma di sicuro non ho mai preteso di essere sempre logica, razionale e saggia.
Ahahahahahahaha, illusi.

sabato 15 giugno 2013

Frasi fatte reloaded.

Il buongiorno si vede dal mattino.
No, il buongiorno si vede dal tempo che passa dal momento in cui mi alzo dal letto al momento del primo vaffanculo.

Hai dormito bene stanotte?
(vabbè, questo non me lo chiede nessuno) Tu sottovaluti la mia paranoia e la mia capacità di divagare. Leggasi: notte in bianco.

Pensa alla salute!
E infatti, ho l'influenza a giugno.

Vivi a cuor leggero.
Fattelo asportare. Poi vedi quanto sei altissimo, purissimo, levissimo.

Siamo agli sgoccioli. 
Lo so, è maledettamente difficile trovare un idraulico di sabato.

Cadi a fagiolo.
Già, le bucce di banane erano finite. Ma per il piacere di vederti cadere questo e altro.

Sono un caso perso.
Maledetto gps...

Dai un dito e si prendono il braccio.
Dai un dito e si fanno un viaggio gratis a quel paese.

mercoledì 12 giugno 2013

Solitudine.

Niente di drammatico. Io nella solitudine ci ho sempre sguazzato, un po' per volere altrui, un po' per evitare altrui presenze, a volte perché semplicemente mi ci trovo bene, rilassata. Niente di originale, insomma, una comune disadattata in pratica; perché, direte voi (a ragione), sei mai stata originale? Eh, infatti.
Lasciamo perdere.

O magari no. Sono giorni che sono così, e non è da me. Inizio bella concentrata e presente, poi sfumo, mi perdo, lascio correre, e forse riprendo, forse ho visto male o non ho voluto vedere (ecco la risposta più accreditata alla domanda che fingevo di non aver sentito, o chissà che forse non mi avevo davvero sentita), forse sì forse no, fino a che sono arrivata a un punto cruciale: mi dò fastidio da sola.

La mia solitudine non mi appartiene più, non riesco a trovare il mio spazio, e allora sono più irascibile del solito, ho ripreso a mangiarmi le unghie e adesso mi fanno sempre male, corte come sono. O mangio continuamente o non mangio per quattordici ore. Inizio a leggere e poi torno in me, lo sguardo torna dal mondo invisibile. Forse il cellulare ha squillato, controllo. No, l'ho immaginato. E nella testa ci sono tante di quelle cose che SBAM!! Sbatto il braccio contro la sedia.
Mangerei chili di guacamole, mi farei un bagno in una vasca di guacamole da far invidia persino alle asine da latte di Cleopatra e Poppea, ne mangerei bocconi enormi anche se mi venisse ultra salato come la seconda volta che l'ho "cucinato" (e la prima volta c'era troppo poco sale e decisamente troppa cipolla, e questo può fare paura visto che il sapore della cipolla cruda mi piace). Ascolto i Nofx ma non mi alleggeriscono più. Il vino funziona meglio.
Ho di nuovo voglia di fumare, sono così preda della voglia che quasi quasi fumo i resti delle mie unghie. Chi glielo spiega ai miei che esco in pigiama alla ricerca di tabacco? Loro nemmeno sanno che fumavo.
E questo livido sul braccio quando me lo sono fatta? Guarda, si è scaricato il cellulare e non me n'ero accorta, ma fa niente. Non sono una fottuta segreteria telefonica.
E adesso basta delirare. Basta fingere una situazione che non c'è. Glielo dirò. Gli dirò la verità: senti, dirò, sono asociale e non corro dietro a nessuno, per te ci ho provato anche se per me è difficile, per te può essere poco ma per me è già un chilometro e mezzo di strada. Non sono capace di fidarmi delle persone, sto tentando ma tu non mi aiuti. Non sono tipo da "cucciolo-tesoro-piccolo-stiddra (stella)", le tenerezze non mi riescono. Sono così, ma tu mi destabilizzi. Non può funzionare, cerco sempre di proteggerti da quello che sono.

Poi il cellulare trilla. Cazzo, devo cambiare quel maledetto suono. Quando trilla un messaggino ci mancano solo le fatine che mi fanno lo stacchetto da veline e alla fine vomitano arcobaleni.
Okay, la smetto di scrivere come un'ubriaca... Cielo, e pensare che sono terribilmente sobria!
Forse non fumo tabacco ma il cervello è già fumo incrostato nei polmoni xD


(https://www.facebook.com/pages/Essere-di-pessimo-umore-e-fare-cose-che-non-possono-che-peggiorarlo/193564297324948)


P.S.: Questo post è stato scritto all' 01.30 circa, pubblicato adesso per mancata collaborazione di Internet. Dopo due tentativi falliti ho perso la pazienza e ho semplicemente salvato la bozza.

venerdì 7 giugno 2013

5 cose imbarazzanti.

Così, tanto per mettermi un po' in ridicolo. Perché avrei un impegno e non so come affrontarlo (quasi quasi questa la inserisco nella top 5)... Okay, cinque cose random, cose che mi imbarazzano.

1- Nonostante abbia trascorso ogni estate della mia infanzia in campagna, a casa della nonna, ad arrampicarmi sugli alberi e a infiltrarmi in case abbandonate e decadenti, beh... ho paura delle lucertole. Sono terrorizzata da quegli esserini. Poco importa se grandi o piccole, verdi o grigie, lontane o vicine, persino in foto; non riesco proprio a sopportare la vista di quella bocca e di quegli occhietti... Brrrr;

2- Non so chi sono nè cosa voglio diventare "da grande";

3- Alla domanda "quanti anni hai?", mi viene ancora da rispondere ventuno. In realtà sono solo ventidue, mica c'è così tanta differenza, ma tant'è che quando mi accorgo dell'errore è decisamente troppo tardi per rettificare (tipo l'indomani);

4- Adoro guidare ma non so assolutamente parcheggiare in retromarcia. Posso fare una inversione a U bendata e precisa al millimetro ma mai e poi mai riuscirei a parcheggiare in retromarcia;

5- Credo di non meritare di essere felice. E faccio sempre in modo di non esserlo.

Forse è colpa della quinta cosa che sto qui a tergiversare, invece di andare a prepararmi...
Ma del resto, chi farebbe una foto a questo cartello trovato in un bagno femminile? Che memento.


lunedì 3 giugno 2013

I'm back!

Dai, ammettetelo, un po' ci speravate che non tornassi, eh? Non vi preoccupate, dopo essermi ripresa da tutte le ore di sonno bruciate, mio fratello già progetta e minaccia di infilarmi dentro una scatola (in realtà ha accennato al fatto che sono un pacco e quindi mi appiccicherà addosso qualche francobollo) e di rispedirmi a Parigi. Quindi non si sa mai. Ce la farà? Non ce la farà? Lo scopriremo nelle prossime puntate.
Si possono dire tante cose dei francesi, ma caspita quanto sono tolleranti! Che poi "tollerante" è una parola che non tollero (no, vi giuro che non ho fumato nessuna roba strana; sarà colpa del the annacquato che ho pagato la bellezza di 4,50€). Cosa dovremmo tollerare? Perché dovremmo "tollerare" omosessualità, divergenze culturali e religiose, credo calcistici, spirituali tendenze telefilmiche? Si può tollerare la stupidità, gente, il resto si accetta come i diversi colori di capelli o degli occhi, differenze umane di questo tipo. Inezie.

Comunque, sto divagando... Insomma, dicevo, quanto sono liberali i francesi! Potresti salire sulla metro in pigiama e babbucce a forma di coniglietto rosa pelucchioso e nessuno se ne accorgerebbe. Potresti essere afro-francese, alto tre metri, largo quanto un armadio a quattro ante, avere i dread, vestirti con un completo giacca-cravatta e ascoltare qualche singolo di debutto di Kylie Minogue: nessuno fa una piega.
Che beatitudine! In Sicilia gira una volta, UNA SOLA MALEDETTISSIMA VOLTA, con una calza smagliata, e se lo ricorderanno tutti a vita. Resterai marchiata a fuoco sulla fronte come la tizia che, sai, chissà come girava *ammicca ammicca* con la calza smagliata.

L'unica maleducazione che ho notato è più che altro una mancanza di tolleranza (stavolta tale verbo ci sta): se il semaforo per i pedoni è rosso e tu stai ancora attraversando sulle strisce, loro non aspettano pazientemente che ti togli dalla loro traiettoria. No, loro danno di gas. I giri del motore li fanno arrivare a quattromila. Come per dirti: a bbello! Se nun te togli te stiro!
Simpatici come il chilometro e mezzo da percorrere a piedi dal nostro albergo alla prima fermata della metro.
Divertenti come la pioggia ininterrotta per giorni e giorni.
Amabili come il gelo che in Sicilia lo trovi solo a gennaio (e invece era l'ultima settimana di maggio).
Piacevole come il tramonto alle 22.00 passate.

E' stata una vacanza di freddo, maltempo, acciacchi vari, lunghe camminate dalle nove del mattino a mezzanotte (con sosta solo per cena). Però ci sono tante belle cose da vedere, da ammirare... Non ditemi la Tour Eiffel perché vi meno. Sappiatelo, vi ho avvertiti, citatemela e vi meno. Abbiate il buon cuore di non farlo! Ci siamo stati cinque volte, in una delle quali per raggiungerla ho preso una storta al piede all'ultimo gradino della metro e in un'altra mi sono fatta il bagno da capo a piedi con quel freddo boia. Euhm, smetto di divagare (tento, almeno!).

Quindi, ci sono tante belle cose da vedere: Trocadero, Louvre (sette ore lì dentro e neanche la metà visitato; comunque, sobri gli appartamenti di Napoleone, eh!), Notre Dame, Madeleine, Place de l'Opera, l'Olimpya (dove si esibì per la prima volta in Francia la cantante Dalida), Place Vendome, Sacré Coeur, Galeries Lafayette (enorme centro commerciale per facoltosi, fate voi che non ho voluto provare un orologio Cartier: costava appena 60.000 €), La Défence (La Grande Arche, ossia un grande arco stile moderno, più centri commerciali più accessibili), Porte Maillot, il museo del cioccolato, tutta a piedi l'Avenue des Champs Elysees -dai Jardin des Tuilleries, L'Arc du Carrousel fino all'Obelisco in Place de la Concorde e infine all'Arc de Triomphe-, Palais des Congres (alla cui ombra abbiamo trascorso l'ultima notte), intravista la sorella minore della Statua della Libertà su Pont de Grenelle, Jardin du Luxembourg (dove il Palazzo è sede del Senato, e i giardini sono davvero belli, con tanto di fontana con le anatre), Montmartre, Pigalle, Hard Rock cafe, un giro nel quartiere latino di St-Michel per vedere anche la Sorbona e il Pantheon; poi Palazzo della Giustizia, due cimiteri di cui non ricordo i nomi; per intendere, in uno c'è Dalida e nell'altro Jim Morrison, ma già che c'eravamo abbiamo visitato anche altre persone illustri. Per dire, ho parlato con Stendhal (tranquilli, non mi ha risposto), visto la lapide di Oscar Wilde, Chopin, Dumas, Delacroix, Edith Piaf, Gericoult, Modigliani (maltrattato), Moliere, Proust e altri che al momento non mi sovvengono.

Vista da una stradina di Montmartre

Notre Dame di cioccolato al Museo del cioccolato

 

L'innominabile di sera

Il Palazzo e i giardini di Lussemburgo
Una scalinata ai giardini di Versailles
Versailles e un giardino
Una statua in una delle piazzette dei giardini di Versailles
Sempre ai giardini di V.
Sempre V.
Bosco della Regina
Giardini con lago, rilassatezza pura

Credo di essere stata fin troppo dettagliata ma sto finendo. Non gettatevi dalla finestra, mettete via i coltelli, sto davvero per chiudere. Mettete via anche l'arsenico, per favore.
La meraviglia delle meraviglie di Parigi sono i giardini di Versailles. Ore e ore per girarlo un po', un'oretta di assoluta rilassatezza sulle sponde del lago, stravaccati sull'erba. I giardini del re e il bosco labirintico della regina, varie piazze con alberi, piante, fontanelle e statue bianche. Meraviglioso. Etereo. Splendido.

Ai diretti antipodi di siffatta bellezza, un must dell'avanguardia Moda Fantozzi. Il nuovissimo e vomitabilissimo modello Giuditta 3mila. Il signor Baffo da Crema ci avrebbe perso la voce, cori da stadio ultras partono da tutte le curve in un tripudio di caos per premiare il peggior vestimento mai visto da esseri umani e non. Roba da far venire un infarto a quei due che su Real Time fanno "Ma come ti vesti?". Madame e Monsieur, me che per il freddo avevo addosso:
dolcevita nera
dolcevita blu scuro (dite quello che volete, amo l'accostamento nero-blu come André amava Lady Oscar; sarà anche improponibile però è amour)
maglioncino a righe blu scuro, rosse e grigie
giacca a vento nera con cappuccio fucsia
giacca di pelle nera
e dulcis in fundo, due -e dico due- paia di calzini con su scritto I LOVE ITALY.

E poi mi chiedevo perché mi guardava strano quel ragazzo sull'autobus... Forse non era solo perché dormivo e ondeggiavo...

mercoledì 22 maggio 2013

Out of service

E' arrivato il giorno della partenza. Sette giorni di vacanza. Dopo tanti programmi entusiasti, tutto sta per essere concretizzato, anche se dicono che Parigi è fredda e piovosa in questo periodo. Ma va bene, chissene, no? Ci si diverte, si vedono tanti posti, tanta gente, e bla bla bla...
E ho l'umore sotto i piedi. Calpestato e lasciato a marcire in un angolo. Quanta luce.

E ammetterlo è un po' una contraddizione, considerato che odio sentirmi vulnerabile ma ancora di più ammetterlo... Ma chissene.
Oggi è finito il corso ed è stato più triste di quanto immaginassi; sento che qualcosa mi scivola via. Sembra tutto già lontano. Ma forse è l'influenza a parlare, a confondere le mie percezioni... E forse sono io che cerco solo scuse perché sono un'idiota. Sono un'idiota per questo e perché mille e mille paranoie giocano contro me stessa. La scrittrice americana Laurell K. Hamilton in un romanzo, non ricordo bene quale, scrisse:
la paranoia è la madre dell'ingegno.

Beh, forse è vero in generale ma nel mio caso è una stronzata (il più delle volte). La paranoia è la madre delle mie stupidaggini più grandi, di tutti i bei momenti che ho distrutto, delle piccole gioie che ho bruciato, delle belle cose che ho allontanato prima ancora di poterle sfiorare... E sono stanca. Stanca delle paranoie e degli auto-sabotaggi. E spero che questo viaggio ricarichi le mie batterie consumate.

Il mio saluto a Blogger con una citazione e una canzone.

"Attendeva che qualcuno la prendesse in braccio e le dicesse: adesso basta camminare, ti porto io."
(A. D'Avenia)


Ciao Blogger! M.C.