venerdì 12 aprile 2019

Le repliche non sono solo in tv. E qui si mangia pure.

Dovete sapere che per noi della provincia di Trapani, quando ci si avvicina al monte San Giuliano, è d'obbligo salire a Erice.
Anche se ci si è andati decine di volte, anche se hai le memory card piene di foto fatte a Erice, se sei nei dintorni con gli amici non importa cosa, tu ci vai.
Anche coi nuvoloni, pure se si cammina in mezzo ad un banco di nebbia; anzi, tra i sentieri di pietra ammantati nella nebbia è ancora più forte la sensazione di passeggiare in un villaggio medievale.
Ci vai soprattutto se vuoi digerire tramite movimento fisico e aria pulita, dopo aver svaligiato un all you can eat di cucina cino-giapponese (perché scegliere se puoi avere entrambe?) come un naufrago appena tornato alla civiltà da un'isola deserta priva di patate e di fuoco (dalle mie parti una volta si diceva cu mangia patate un more mae, chi mangia patate non muore mai).
Sarò andata a Erice almeno mezzo centinaio di volte, eppure ad ogni escursione scopro scorci nuovi. Credetemi, anche se sono una figura fantozziana credetemi: un giorno non basta per quel piccolo borgo pieno di stradine che salgono e scendono e di scalinate in pietra. Non c'è soltanto il Castello di Venere, la Chiesa madre e la torre tutti in pietra, non c'è soltanto la vista su Trapani da un lato, Val d'Erice e Monte Cofano dall'altra. Non c'è solo il piccolo giardino labirintico e il sedile degli innamorati, dove chi si siede alle estremità può chiacchierare con dei sussurri ( 'sti medievali, mica tutti scemi).
C'è, insomma, una serie infinita di piccoli dettagli incantevoli.


In questo punto la nebbia era poca, ma in altri punti era così densa e fitta da impedire la vista dopo un paio di metri.

Altro motivo per tornare a Erice è il suo delizioso dolce tipico: l'Ericina, o Ericino. Si sa, noi siciliani con maschili e femminili siamo piuttosto flessibili.
Chiamato anche Genovese, è un dolce di pasta frolla con un ripieno di crema pasticcera aromatizzata al limone, cotta in forno (mica possiamo friggere tutto eh, un po' di contegno) e spolverata infine con zucchero a velo. Vi assicuro che nessuno, NESSUNO, è troppo sazio per non mangiare un'ericina.
Pare che la pasticceria con la ricetta originale, ghermita dall'antico monastero di San Carlo, sia quella di Maria Grammatico: chiedete di lei o cercate l'insegna, ma sinceramente non ricordo se vi sia scritto il nome della pasticcera oppure il nome del monastero, comunque si trova in un angolo di una piazza, c'è una banca e il posto è di fronte, in una stradina con una leggera discesa. Armatevi anche di pazienza se ci andate in periodi o orari molto turistici perché spesso e volentieri c'è da prendere il numeretto come dal salumiere e a volte la fila arriva fino alla porta; perciò non fatevi spaventare dalla folla, mettete in conto di perdere del tempo e fate la fila tranquillamente. Anche le torte e le crostate sono ottime, inoltre ci sono delle varianti di ericine con il ripieno di nutella oppure di ricotta.
Fate attenzione e allenatevi a fare la faccia di bronzo perché molti ristoranti hanno davanti all'uscio una persona sorridente, fissa lì con il solo scopo di procacciare clienti e allettare con l'idea di pranzo/cena/aperitivo, dipende dall'orario del vostro passaggio.

Quelli in foto sono stati un po' maltrattati durante il viaggio, per questo lo zucchero a velo è scutulato, cioè... come dire in italiano... si è scosso via. Però erano deliziosi e non sono rimaste briciole, fate voi che mentre prendevo il telefono per fotografarli già qualcuno era stato prelevato dal vassoio.




Spero di farvi venire presto a rica (la voglia di cose buone) con altri succulenti esempi di tipici dolci siciliani, ovviamente non fatti da me: vi voglio far viaggiare per la Sicilia, mica vi voglio far scappare via 😂