domenica 30 dicembre 2012

Una medaglia, due facce.

Ieri, con un paio di amici, sono stata a Belicittà, il grande centro commerciale di Castelvetrano. Gran bel posto, ma devo ammettere che la parte migliore è stato il viaggio. Andare in autostrada con Nirvana e System of a down a volume altissimo è un' esperienza esaltante, quasi extracorporea. Del centro commerciale la parte più frequentata è l' Euronics; quella che per molti è il paradiso della tecnologia, La Mecca di nerd e appassionati, per me è soltanto la fiera del consumismo. Non capisco tutta la furiosa frenesia che si scatena negli animi, la quale spinge una persona a spendere trenta euro per foderare un I-phone che, considerato quanto costa, dovrebbe come minimo essere indistruttibile e prepararmi il caffé ogni mattina. Mi aggiravo annoiata tra cellulari e annessi strumenti, pc, televisioni, videogiochi e quant'altro, quando finalmente si giunge alla misera parete dedicata ai cd. A parte la tristezza immane nel constatare quanto la maggior parte fosse costruita a fini commerciali, metto gli occhi su Absolution e Origin of Symmetry dei Muse e all' improvviso la frenesia dell' acquisto compulsivo si impossessa di me (come del resto accade ogni volta che mi capita di vedere album che adoro). Comunque non ho ceduto, sollevandomi il morale con una cena al McDonald.

Mangiare solo insalata e frutta non è vita. Ogni tanto va bene attentare al proprio fegato. Se solo avessero messo più bacon...! E poi si è capito perché quando bevo non voglio mai la cannuccia, ossia perché resto a mordicchiarla per tutto il tempo...
Vabbè, lasciamo perdere, stendiamo un velo pietoso.

Comunque, dove c'è un bel pomeriggio può esserci anche una serata disastrosa. Tipo due amici che litigano mentre si festeggia il compleanno di un' altra e si urlano insulti a vicenda nel posto più affollato della zona. Sorry, buon compleanno!

Chiudo con una nota amara, anche se questo è un blog leggero. Poche ore fa è morta Rita Levi Montalcini. 103 anni. Una delle poche per cui ritengo che sia meritata la nomina a senatrice a vita.
Una donna che ha visto due guerre mondiali e l' Italia che prendeva forma e mutava. Ha visto cambiare le nostre usanze, i concetti del "fare bene" e dell' "essere educati". E' stata una studiosa e una scienziata quando era ancora pensiero comune che le donne fossero meno intelligenti degli uomini, che il loro scopo fosse quello che proclamava l' uomo di chiesa Tommaso D' Aquino: "il valore essenziale della donna consiste nella sua capacità di partorire gli esseri umani e di governare la casa".

La ricorderò, tra le altre cose, per aver detto:
Meglio aggiungere vita ai giorni, che non giorni alla vita.
Ma voglio ricordarla così:

mercoledì 26 dicembre 2012

Caro Babbo NaMale...

Babbo Nasale, Futurama

 Caro Babbo NaMale, ho sospettato della tua esistenza da quando ho memoria. Per tua fortuna non abbiamo il camino in casa o ti ritroveresti una sonda in corpo a causa di particolari biscotti trovati nelle mie vicinanze. Io non so cosa ti ho fatto per non ricevere nemmeno una volta ciò che ti ho chiesto. Credo che l' anno prossimo mi fornirò di altri intermediari, perché quest' anno sono stata abbastanza chiara: "Genitrice, potresti dare a quel maledetto panzone vestito rosso Valentino la mia lista di regali?" e invece niente. Ho passato settimane a scrivere e a lasciare in giro liste molto chiare riportanti a carattere maiuscolo titolo, autore, casa editrice e prezzo dei libri che ho intenzione di leggere e anche quest' anno non ne ho ricevuto nemmeno uno. La (grassa) mancia della nonna e degli zii farà comunque al caso mio.
"Cerca di non essere musona. E aiutami in cucina!", gli auguri di mamma scaldano il cuore. A sua discolpa posso dire solo che è una faccenda faticosa cucinare due giorni interi per un plotone di venti persone (se non fosse che i presenti erano solamente una decina). Vabbè...


Quindi... E quindi niente.
Davvero, niente... Okay, mi sono abbuffata di torta. Contenti? (io sì, adoro i dolci di quella pasticceria)
Grazie Babbo NaMale, non ho ricevuto libri ma solo qualche chilo in più. Urrà!

giovedì 20 dicembre 2012

Bitch, please.

L' apocalisse è un apostrofo rosa tra le parole T' AMMAZZO.

Mi permetto dell' ironia, per dire a tutti quanti la verità che mi sono ricordata grazie a questo sito facebook (http://www.facebook.com/pages/Le-999-cose-da-sapere-su-Dean-Winchester/169783749756568):



Ecco, sappiatelo. E non scassatemi più i gabbasisi, grazie.
Se poi volete scatenare un' altra apocalisse o continuare a ripetere le vostre ossessive isterie beh, spero solo che Castiel vi fulmini. Amen.

martedì 11 dicembre 2012

I tappetini color fango & vomito.

Stamattina ho accompagnato mia madre a lavoro.
Non so come una cosa apparentemente così semplice e innocente come guidare una strada quasi interamente rettilinea possa divenire una specie di viaggio alla Crocodile Dundee...  Capita abbastanza spesso di imbattersi in idioti che ti tagliano la strada e altri idioti che sorpassano laddove è vietato invadendo la tua corsia; capita così spesso che dopo non ci si fa più caso. La cosa si complica un poco se l' asfalto è sbrindellato e ha piovuto. Stamattina si è aggiunto l'elemento sorpresa.
Un sole autunnale, cielo terso e limpido, nemmeno una nuvola. Una gioia. Per qualche strano motivo, mi convinco che non pioverà. Di certo non mentre mi compro un panino, dopo aver svolto la mia funzione di taxi e aver lasciato l' ombrello a casa.
SBAGLIATO.
All' improvviso il cielo si scurisce a vista d' occhio, nemmeno il tempo di maledire qualcuno che si mette a diluviare. Meno male che non sono Noè, sennò addio mondo! In ogni caso, meno di un minuto dopo sulla strada si è formato quello che amo chiamare Effetto piscina. Una cosa tipo questa:

Scrubs: JD (Zach Braff) e Sasha (la moto)

E dire che ieri volevo pulire la macchina, tappetini compresi... Invece decisi che un giorno di differenza non avrebbe cambiato di molto la situazione. Ecco perché adesso ho dei fantastici tappetini color fango e vomito.

mercoledì 5 dicembre 2012

Novembre è andato.

Nothing else matters, Metallica.
Sounds good.

Novembre è andato. Il mese che credo il più triste e deprimente dell' anno, è finito da poco. Ed è così perché non ho memoria per i numeri e le date: ricordo la stagione, il mese, ma mai la data. Qualche volta scambio l' anno, ma (come diceva un tizio che conoscevo) "m' avisse agghiuttire un viazzo" (dovessi inghiottire un braccio) se mi ricordo una data. Perciò gli effetti di quello che accade in un determinato giorno può protrarsi per un lasso di tempo maggiore rispetto alle canoniche ventiquattro ore. E dopo nove anni, l' idea del mese di novembre resta legata al senso di perdita per la scomparsa di una persona cui tenevo molto. Uno dei primi veri, forti legami al di fuori della famiglia, tranciato di netto, e di una certezza non era rimasto più nulla.
Probabimente è il mio unico argomento "tabù".
Una volta, un paio di mesi fa, vidi in lontananza sua madre, al supermercato; non la vedevo da anni. Ho avuto un attacco di panico. Sono rimasta del tutto immobile finché lei non si è mossa, ma il panico non se n'è andato. Anzi, ha preso il sopravvento e sono scappata. Appena ripresa la consapevolezza del mio corpo mi sono fermata e mi sono detta "Brutta cazzona, quella donna si merita di meglio!". Sono tornata indietro fino a dove l' avevo vista, ma lei lì non c'era. Era già andata via, per la sua strada, chissà dove. Nonostante una voce dentro la mia testa gridasse "Vile, cresci una volta tanto", non l' ho cercata. Voglio dire, il supermercato non è molto grande, ha una disposizione semplice e spaziosa, quindi non sarebbe stato complicato ritrovarla. Però non l' ho fatto, ho ceduto e mi sono tenuta la vergogna di sentirmi una vigliacca senza palle (metaforiche, sempre).
Non lo avevo raccontato a nessuno, prima d' ora. Forse perché non mi piace sentirmi vulnerabile, fragile. Scrivere è la mia valvola di sfogo, a parole è più semplice. Quindi scrivo. Che se le persone che conosco leggessero queste frasi direbbero "minchiate, questa non è lei".

Vedere quell' adorabile signora mi ha trasportata di colpo nel passato a mò di Ritorno al futuro, in quei momenti ero di nuovo la bambina di nove anni fa e di quella bambina non sono mai stata fiera. Ma forse non era tornare la bambina di un tempo che mi ha mandata in tilt, quanto la sensazione oppressiva di deja-vu; la sensazione del subconscio che di lì a poco avrei dovuto sopportare di nuovo l' urto della notizia, il funerale, il lutto. E nell' ordine: una tranquilla e soleggiata mattina di novembre davanti al chiosco dei panini, accanto alla scuola media, una certa allegria nel vedere, per la prima volta, una compagna di classe aspettarmi fuori dal cancello. Invece di chiacchiere, una domanda piuttosto stupida, schietta e diretta:"Sai che quella persona è morta?". Fu così surreale che mi parse uno scherzo di cattivo gusto. Non ci credevo, continuavo a pensare "Non è vero... Se fosse vero, non me lo avrebbe detto in quel modo"; poi vidi tanti volti in lacrime, e la proff di religione che diede il libero permesso a chiunque volesse uscire e avere un momento di solitudine. Intanto pensavo che non era vero, che prima o poi mi sarei svegliata nel mio letto e avrei davvero dovuto andare a scuola. Ma il sogno non finiva, mi mancava il respiro. Aria fresca, in corridoio. Andai.
Vidi che tutti quelli che erano usciti dall' aula erano lì,in uno stato di sofferenza in cui non li avevo mai visti dall' asilo fino a quel giorno. Lacrime, singhiozzi e frasi sussurrate a metà. Chissà cosa dicevano. Allora capii che era tutto vero, un cuore smette di battere e gli altri continuano. Ricordo solo di essermi seduta a terra, incapace di pensare o di formulare una parola, poi buio. Non ho mai ricordato cosa avessi fatto dopo. Ma finché avrò qualche neurone funzionante ricorderò sempre quel viso pallido quasi quanto la tunica della comunione e quelle labbra non più rosse, ma senza confini, fuse e confuse con il resto del viso, dentro una bara troppo grande.

Non so perché parlarne proprio adesso, dopo aver conservato i dettagli come un segreto. Forse è un modo di mettermi alla prova, o di ammonirmi a non dimenticare, o un tentativo di far qualcosa. Dopo nove anni dovrebbe essere più semplice e far meno male, invece ci sono ancora volte in cui al pensiero di questa persona mi manca il respiro, o che il suo nome mi esce tremante dalla bocca, oppure mi costringo a eliminare quel pensiero, a cacciarlo via. Fa ancora male, e mi manca.
E niente... Ciao, ovunque tu sia.
E ciao anche ai vivi.

 
Io non so parlar d'amore, A. Celentano

sabato 1 dicembre 2012

Fritto misto flambé

Non sapevo che editori di reali case editrici pubblicassero fanfiction, per quanto fantasiose esse siano... Eppure "Orgoglio e pregiudizio e zombie", remake (manco a dirlo) americano del famigerato romanzo di Jane Austen da parte di un certo Seth Graham-Smith, non mi è dispiaciuto. Ironico e piacevole come l' originale, fedele nella cronologia e nella psicologia dei personaggi, con qualche tocco sanguinoso e qualche battaglia che, lontani dall' inorridire il lettore (o quanto meno, me), si presentano come un' interessante parte di arricchimento della trama (per quanto riguarda la parte fantasy del racconto più recente). Certi tratti però sono troppo eccessivi (come Charlotte che sbaglia la locazione del bagno), alcuni fino ad essere ridicoli (la vittoria di Elizabeth sul terzo ninja di Lady Catherine). Il risultato è che il testo è molto più "leggero" dell' originale, avendo perso alcuni punti cardini dei temi principali.
Non sto nemmeno a dire quanto mi è piaciuto Orgoglio e pregiudizio, quindi per una volta faccio una cosa intelligente e non dico altro a riguardo. Non chiedo nemmeno di tacere, tanto se dite ai miei amici che ho perso occasione di fare polemica non vi crederanno. Mai.


Però vi lascio una citazione, nella quale ho avuto il sospetto che, invece di parlare di Darcy e Bingley, parlassero di me e di una mia cara amica:

"Tra lui (Bingley) e Darcy vi era, nonostante la grande diversità dei loro caratteri, una saldissima amicizia. A renderlo caro a Darcy, Bingley aveva un temperamento disteso, aperto e malleabile, benché non si potesse immaginare un contrasto più evidente col carattere dell' altro, carattere di cui d'altra parte lo stesso Darcy non sembrava affatto scontento. [...] (Darcy) Era un miscuglio di alterigia, scontrosità ed intolleranza, e i suoi modi, benché rivelassero una buona educazione, non erano concilianti. Sotto questo aspetto l' amico era molto favorito. Ovunque si trovasse, Bingley era sicuro di piacere; Darcy invece non faceva altro che provocare."


Avendo momentaneamente una fissa per il romanzo di cui sopra e una fissa duratura per i film degli anni novanta, ho guardato l' intera mini-serie del 1995 su Orgoglio e pregiudizio. Per intenderci rapidamente, è quello con Colin Firth nei panni di Mr Darcy. Magnifico, lui, dall' interpretazione al semplice atteggiamento.


Da quando, per un motivo di cui ignoro totalmente l' origine e lo svilupparsi, la noia di un pomeriggio mi ha portata su facebook e in particolare a mandare una richiesta di amicizia ad un tizio semi-sconosciuto con cui ho malamente limonato un giorno alcolico, beh... da quel giorno oggetti più o meno pesanti non fanno altro che scivolarmi dalle mani e puntualmente mi cadono sull' alluce. Adesso so che la sfiga non è nera, è viola. Come il livido sul mio alluce.


Sono ancora destabilizzata dalla figlia di mia cugina che, con tutta la bontà, l' ingenuità e la curiosità della sua giovanissima età (ricordate? Memoria per i numeri: zero), mi ha chiesto delicatamente "Cosa sono quei punti rossi sulla tua faccia?". Ecco, io già lotto contro i brufoli da quando avevo tredici anni, adesso ne ho ventuno e ancora non sloggiano, scusatemi se dopo una breve spiegazione sulla loro ragion d' essere, ho voluto spaventarla con un gentilissimo "Non è niente, quando sarai grande verranno anche a te! Poi passano". Il quando non mi è ancora chiaro. Ma che nessuno mi venga a dire che dico menzogne.

Insomma, mi sento tanto così:


E poi scopri per caso che i The Rasmus (di cui ho ascoltato l' intera discografia su youtube anni fa, più e più volte) nel 2012 hanno pubblicato un nuovo album e che, in un totale di dieci canzoni, te ne piace appena una... Di sicuro mi sono persa qualcosa!
E però dove sono quegli assoli di chitarra che mi piacevano tanto? Quelle parti strumentali entusiasmanti tipo l' inizio di First day of my life o di The Fight? Dove sono i testi di Dead Letters, quando in ogni singola canzone trovavi rabbia, tristezza, malinconia, speranza, poesia, morte e rinascita, toni allegri e tracce di acidità, quando si capiva cosa voleva dire anche senza sapere cosa dicesse a parole?
Stop, mi fermo. Prendo in prestito una loro vecchia frase: "You got it wrong now, 'cos I don't give a fuck", io continuerò ad ascoltare quel passato che mi piace ancora.

The Rasmus, You got it wrong (Black roses, 2008)

giovedì 22 novembre 2012

Millennium - Uomini che odiano le donne (D. Fincher, 2011)

Una critica sociologica e finanziaria, un viaggio attraverso dinamiche familiari in condizioni opposte rispetto alle rosee famiglie amorevoli che si vedono in tv, un' indagine dentro personalità disturbate e istinti animaleschi, storie di persone con un passato ingombrante ricoperto di lame e un presente grigio, incerto.
Millennium è questo, ma anche molto di più.

Quando le librerie d' Italia sono piene zeppe di merda cartacea (o ologrammi di banconote), ci si può rendere conto di quanto sia diventato un evento raro trovare uno scrittore/scrittrice realmente capace negli ultimi dieci anni. E uno di quei rari casi, il giornalista svedese Stieg Larsson, è scomparso decisamente troppo presto.
Ho letto la trilogia iniziando molto a rilento, ma con un interesse in costante aumento, fino a raggiungerne la conclusione e desiderare di averne ancora e ancora.
Ma non era per parlare in modo serio dell' autore che sto scrivendo questo post. Non sarei in grado di rendergli giustizia.
Lo scrivo per parlare con toni diversi del film diretto da David Fincher nel 2011, con l' agente 007 Daniel Craig nei panni del giornalista Mikael Blomkvist e Rooney Mara in quelli di Lisbeth Salander.

Già la partenza non era delle più positive: nella mia città non hanno proiettato il film, manco vivessi in cima all'Himalaya e ho dovuto guardarlo in streaming sul pc; in secondo luogo la versione svedese, anche se imperfetta, mi è piaciuta molto e per molti motivi. Poi non capisco la mania (soprattutto) americana per i remake. Cosa vi fa pensare che voi riusciate a ritrarre una società meglio di chi vi ha vissuto?
Ma poi che senso ha far viaggiare una truppa dall' America alla Svezia (e anche in Germania) se non includi nella pellicola qualche scena paesaggistica? America e Svezia non sono mica vicini di casa! C'è da aggiungere anche lo stress e i costi del far viaggiare attrezzature, attori, cameramen, regista, produttori e quant' altro; insomma, non era mica un' escursione decisa all' ultimo momento, sbagliando l' uscita dell' autostrada! E sarà costata fior di dollaroni; per altro vi ritrovate in un posto fantastico, con atmosfere davvero particolari e ve li lasciate alle spalle così? Vi limitate a qualche casuale immagine sfocata, grigia e gretta come può essere qualunque periferia malandata in un posto indeterminato nel mondo?
Ho capito che al regista non gliene frega una beneamata cippa (sarà che non è naturalista manco di striscio), che vuole dedicarsi soprattutto all' aspetto delle indagini, però presta pochissima attenzione al modo di vivere il quotidiano, al loro senso di ospitalità e di buona educazione, i personaggi sono abbastanza ben delineati (anche se con qualche particolare che stona con l' idea che ci si può fare del carattere di uno di loro) ma manca nettamente lo sfondo; è come se recitassero davanti a un muro bianco.


Ho preferito la versione svedese, con il suo ritmo lento e rilassato (sebbene adrenalinico quando era necessario), le riprese assidue di alberi innevati, montagne bianche, laghi e fiumi ghiacciati, piccole baite nelle radure tra i boschi di sempreverdi; il clima freddo sembrava attraversare lo schermo anche in estate, insieme ad un altro tipo di freddo, quello che ti attraversa le ossa nei momenti di paura o di panico.

*Advisor: seguono probabili spoiler*

La scelta degli attori è cosa fondamentale per un film, insieme alla trama.
Partiamo dal presupposto che a me Daniel Craig piace, ma non era tagliato per questo ruolo. Non ha la faccia di un idealista pieno di alti princìpi, non sembra un tenero esemplare di uomo intelligente e di buon cuore (e con questo non voglio certo dire che il signor Craig non pare intelligente o che non possa avere ideali).
Svezia 2 America 0. Il Mikael svedese (Michael Nyqvist) era più azzeccato.
Avrei visto meglio in questo ruolo Colin Firth... Ma questa è una dichiarazione inutile (più di tutte le altre, ndr) perché io vedrei bene Colin Firth quasi ovunque.
Rooney Mara non è così malaccio come sospettavo... Certo, preferisco ancora una volta la Lisbeth svedese (Noomi Rapace) ma questa ragazza fa la sua buona figura: è delicata fuori nonostante gli abiti punk e forte dentro, proprio come si deduce dal romanzo del signor Larsson.
Ben scelta anche Joely Richardson nel ruolo di Anita Vanger, sebbene nel romanzo si veda solo verso il termine, dato che risiede in Inghilterra, mentre qui si vede più spesso.
Altre interpretazioni su cui ho dei commenti sono su Christopher Plummer (Henrik Vanger, un vecchio magnate nel settore industriale che, tormentato dalla scomparsa della nipote sedicenne Harriet avvenuta quarant' anni prima e da misteriosi regali che riceve annualmente per il suo compleanno, assolda Mikael per indagare sui suoi sospetti: qualcuno della famiglia Vanger ha ucciso l' amata nipote) e Yorick Van Wageninger (Nils Bjurman, nuovo tutore legale di Lisbeth, che si rivela un altro uomo della sua vita a tentare di distruggerla).
Henrik Vanger è ben riuscito: nonostante gli ottanta e passa anni, si mostra intelligente, arguto, serio e simpatico.
Questo Bjurman, invece, ha qualche pecca: anche se i maltrattamenti e la violenza su Lisbeth erano inquietanti, crudeli e sadiche come da racconto, orribili quanto sono queste cose, non ha l' atteggiamento del sadico che detiene il controllo della vittima; al contrario, è indeciso, senza personalità, debole. Nel romanzo è un uomo che sa cosa vuole e che non si fa scrupoli nell' ottenerlo, intollerante verso qualunque diniego.

Con la trama, più o meno, ci siamo.
Alcuni particolari mi hanno fatto storcere il naso. Ad esempio, all' inizio; quando Mikael Blomkvist esce dal ministero a seguito della sentenza di colpevolezza per molti capi di accusa (in sostanza la diffamazione del finanziario Hans-Erik Wennerström), l' uomo sentendosi sconfitto e, diciamolo, anche stupido per aver seguito lo specchietto per allodole, non risponde alle domande dei colleghi giornalisti o lo fa in maniera molto vaga. In questo film fuma davanti alle telecamere e risponde male. Mikael ha agito male nel caso Wennerström e onesto com'è ne è consapevole; mi rifiuto di pensare che avrebbe scelto proprio questa occasione per mostrare, in breve, maleducazione e arroganza.
Torna alla redazione del suo giornale, la quale in realtà invece di somigliare ad una cantina ben attrezzata somiglia più alla biblioteca di Malmö (Svezia): grandi vetrate, grandi sale convegni, corridoi pieni di sole... Mah, buon per loro!

Altre piccole sfumature mi hanno infastidita, ad esempio:
- cosa avete contro la birra svedese per far bere a Lisbeth la nota marca americana di bibita gasata?
- mobili Ikea: vi brucia proprio di non averci pensato prima voi, simpatici capitalisti, eh?
- magari in America non si finisce in carcere per diffamazione e cose simili, ma Mikael è condannato non solo a pagare una multa ma anche a trascorrere sei mesi in carcere (nei quali continua le ricerche di Harriet Vanger)
- manca la talpa al Millennium, che ha contribuito ad aiutare Wennerström ad affondare Mikael.

Altre cose mi hanno dato molto più fastidio, ad esempio:
- Henrik Vanger parla a Mikael della nipote, racconta di quanto fosse intelligente, sveglia, allegra, buona e bla bla bla e tu cosa gli rispondi? "Era anche bella". No, aspetta; spiegami la funzione della tua risposta, che volevi fare? Che ti passa per la testa?
- Lisbeth si vendica della violenza fisica subìta tramite un taser, qualche corda, un fallo di plastica, una registrazione della violenza per minacciarlo meglio e un tatuaggio. In svedese e nel romanzo il marchio era un ben descrittivo "Io sono un sadico porco, un verme e uno stupratore"; qui la descrizione si è assottigliata di molto, sia in caratteri che nell' impatto, diventando un riduttivo "Sono un maiale stupratore".
- il colpevole ha volutamente cercato l' incidente in auto, non è morto per caso.
- Lisbeth non chiede il permesso di Mikael per uccidere il serial killer di donne: ci prova nonostante Mikael non voglia. Ricordate? Mikael è il "buono", non accetterebbe un omicidio a freddo.
- non si sa cosa ne abbia fatto la famiglia Vanger della camera di tortura del colpevole; nel libro coprono le sue tracce, non vedendo motivo di infangare il nome della famiglia (il Vanger colpevole è morto).
- nel libro Lisbeth va spesso a trovare sua madre, vittima del compagno che la picchiò fino a causarle degli ictus. Qui non si sa nulla della donna.
- Harriet viene ritrovata in Australia, non in Europa.
- non parla del rapporto stretto tra Harriet e Anita, tantomeno il "fattore somiglianza" tra le due, particolare che fa capire a Mikael un disguido importante.
- nel bosco sparano a Mikael, qui dura pochi attimi e fugge in qualche scena molto sbrigativa. Una farsa, insomma.
- altrettanto sbrigativa è la scena della camera delle torture. Banale, piatto, semplicistico. Si presume che una camera di tortura debba rappresentare tutto l' orrore vissuto dalle vittime.

Alcune scene investigative sono ben fatte, è vero. Ed è più fedele al libro la maniera in cui ritrae il difficile rapporto di Mikael con la figlia e l' aiuto involontario che la figlia gli fornirà riguardo un notevole indizio.


Forse sarei potuta essere più gentile con questo film se fosse arrivato prima di quello made in Sweden, chissà... Fatto sta che i due film hanno impronte decisamente diverse, piccole differenze che nel complesso ne fanno una “storia” facile sia da guardare sia da dimenticare; è un film sterile, senz’ anima. Insipido.

La cosa peggiore è che il regista non ha colto il senso principale del film: è vero che con la sua attenzione verso le indagini ha dato valore alla ricerca della verità e alla lotta contro le ingiustizie, ma non ha parlato della parte più orribile, ossia gli uomini che odiano le donne (già a partire dal titolo, "The girl with the dragon tattoo"), uomini che seviziano donne per soddisfare i propri istinti e i propri desideri e che restano impuniti, la scia di sangue che questi individui si lasciano dietro, almeno fino a quando la vittima o le donne in generale non si metteranno in prima linea ad affrontare il problema e a lottare contro tutto questo.
Le reazioni di Lisbeth, forse eccessive per il buon pensare ma del tutto giustificate, sono da esempio per tutte le donne (e non solo le femministe). Noi possiamo difenderci e DOBBIAMO difenderci, dobbiamo volerlo e dobbiamo agire.
Con questo non intendo istigare alla vendetta, bensì a non lasciarsi intimidire, a lottare con ostinazione.

lunedì 12 novembre 2012

Musica maestro!

Capita che certe notti io non riesca a prendere sonno. E quelle notti nessuno può sapere mai cosa mi passerà per la testa, ma pare sia il mio momento di maggior attività cerebrale. Più o meno... ma non sottilizziamo.
Ieri notte, ad esempio, mi sono lanciata in riflessioni musicali. Forse perché è da un paio di giorni che faccio lavorare a ritmo serrato youtube... Per dire, invece di spegnere per riposare le orecchie cambio semplicemente genere. Quindi, visto che non ho altro di meglio da fare, ecco alcune delle mie riflessioni.

Ieri, ad esempio, lo zapping mi porta fino al canale di Mtv dove mandavano in onda gli EMA. Ora, io mica mi ricordo com' era di preciso lo show dieci anni fa, però la sensazione è del tutto differente. Passiamo oltre il fatto che senza i sottotitoli mi sono persa gran parte delle battute (la cosa veramente strana è che, in pratica, ho capito solo cosa diceva Heidi Klum). Tant'è.
A spingermi a cambiare canale è stato il ricordo latente di qualche pubblicità in cui elencavano le performances e sono arrivata alla conclusione che no, non sono abbastanza masochista per sopportare due ore di show per vedere tre minuti di live. Piuttosto mi faccio la ceretta.
Oggi guardo i vincitori e non mi pento affatto.
Posso farla passare al Gangnam style e ai One Direction, il primo perché non pretende di essere chissà quale messia di noi poveri ed è semplicemente divertente (per quanto può esserlo un tormentone), i secondi perché si rivolgono ad un target ben preciso: le adolescenti fresche che vivono in simbiosi con il cellulare.
Best male, l' uomo dell' anno è Justin Bieber.
Già qui la mia pallina del flipper inizia le sue carambole. Ma che davvero? Non avete truccato la classifica per farmi mettere a urlare colorite espressioni di insulto, vero? Ma più che altro mi chiedo, dove andremo a finire? (Vabbè, il futuro di Mtv già lo sappiamo, ma se mi passate uno sturalavandino do un aiuto).
Global icon, Whitney Houston.
Per carità, bellissima voce, bella presenza e quant' altro, ma a me soggiunge per il cast di Mtv una sola parola: sciacallaggio.
Best alternative, Lana Del Rey. Del resto belare invece di cantare è una robba AlTeRnAtIvA.
Altre due vittorie le prendo a ridere sennò è la volta buona che mi fanno indossare una fascinosa camicia di forza. Best rock, Linkin Park.
No, dai! Ditelo che è una battuta! Siete dei mattacchioni, ci ero quasi cascata.
La più esilarante resta questa: best world of stage, Justin Bieber.
Ma allora è vero, siete spiritosi voi! Proprio delle sagome.

Vedete? Potete gridare che vi hanno clonato. E potete mandare loro al supermercato mentre voi vi fate i bagni di sold... di fanghi nella vostra spa di fiducia.

Vi rendete conto che avete premiato come miglior presenza sul palco uno che su un palco ci ha letteralmente vomitato?

Vabbè, continuo il mio sproloquio senza coinvolgere altri programmi televisivi.
Innanzi tutto, trovo sia giusto e normale che si cambi, che si cerchi di sperimentare e blablabla. Discorsi già detti e letti altrove (e sinceramente non ho voglia di ripeterli, tanto ci siamo capiti). E non voglio nemmeno fare da critica, semplicemente per me la musica è affare quasi sempre serio, per cui una canzone per piacermi deve farmi sentire qualcosa. Non so, tipo la pelle d' oca, o le ginocchia che mi tremano o ancora, dipingermi in faccia una smorfia simile ad un sorriso distorto. Insomma, mi deve smuovere qualcosa dentro, mi deve trascinare. E poi sono abitudinaria, perciò se mi avvicino ad un gruppo o ad un cantante, è difficile che me ne allontani più di tanto. Però capita che me ne discosti, o che mi limito ad ascoltare quello che è stato fatto in precedenza. Forte della mia insonnia, e del fatto che non disquisisco della qualità di una canzone ma solo delle sensazioni che hanno dato a me medesima, procedo in virtù del mio egocentrismo in casi specifici.

Linea 77. Su internet girano parecchie recensioni (leggasi: lamentele) circa il cambio di stile tra i primi album e "10" (il decimo album della band torinese): i primi sono più graffianti, il suono più sporco e distorto, sono più grezzi; 10 è più melodico, con toni più malinconici, e le parti urlate devo dire che non mi convincono molto... Hanno meno impatto, però quell' album (con una o due eccezioni) mi è piaciuto. Già il fatto che non si sono dati alla dance/techno mi spinge senza dubbio ad essere più generosa.


Esempio: il primo è il video di "Vertigine" dell' ultimo album (credo) e il secondo è "Moka" del secondo album (2001). La differenza è percepibile, ma non abissale, entrambe mi danno i brividi sebbene in due maniere diverse. Mica male, ma nemmeno molto bene.

Sonic Syndicate. Io non lo so che vento tira là in Svezia. Brutto come lo scirocco qui in Sicilia, suppongo, a modo suo. Erano pieni di energia, di screams entusiasmanti, di ritmi serrati. Tra gli album "Only Inhuman" e "Love and other disasters" (mi manca ancora da ascoltare i primi due, quindi non saprei dire) e l' ultimo, tale "We rule the night" (tsè, vi piacerebbe. Sarebbe piaciuto anche a me) scorrono tante di quelle acque che si ci può subito accorgere che, più di un semplice cambio di stile, c'è un vero e proprio cambio di formazione. Tre elementi diedero forma al gruppo e a tutto il loro lavoro, i fratelli Richard, Roger e Robin Sjunnesson, poi si aggiunsero Roland, Karin e John (abbiate pazienza ma i cognomi non me li ricordo, chi vuole può farsi una ricerca); dei sei oggi rimangono solo Robin, John e Karin (sospetto perché la tipa pare che piaccia parecchio). Praticamente i due "urlatori" non ci sono più e pare si siano coagulati in un nuovo gruppo metal. Il primo urlatore era stato sostituito da un tale Nathan, gnocco, con una bella voce da omaccione (non lo è) come piace a me, però... non mi entusiasma molto. Esempio:



Nessuno che non abbia mai sentito parlare prima dei Sonic Syndicate, trovandosi ad ascoltare queste due canzoni, ("Jack of diamonds", da Love and other disasters, e "We rule the night" dall' ultimo omonimo) davvero nessuno potrebbe pensare che sia lo stesso gruppo. Direi che ci sono rimasta un po' male. Inizio a sospettare che con "...and other disasters" si riferissero proprio all' album successivo. C'è del buono qua e là, okay, ma non mi convincono: si sente il tocco pop infilato a forza, gli screams messi a caso tanto per dire "siamo ancora noi". Hanno fatto la stessa fine dei Linkin Park. Avanti con l' esempio successivo.


"Figure" e "Lost in echo". Dico solo che la seconda non l' ho mai sentita tutta; se lo facessi andrei contro ogni mio istinto. Grazie, io mi fermo qua.

In tutta questa storia, non vedo un cambiamento pisitivo... Beh, qualcosa di buono devo pur dirlo, perciò menziono un singolo che, non molto distante dal passato del gruppo, mi è piaciuto molto. Questa canzone mi ha fatta sentire come se fossi innamorata; non lo sono, ma credo che mi sentirei pressapoco così. La canzone è Madness, dei Muse.

 

La parola "madness" ripetuta all' inizio mi aveva preoccupata. Molto, lo ammetto. Poi inizia l' intro: è leggero, delicato, quasi accennato, come in bei vecchi singoli tipo Butterflies and Hurricanes, poi è un lento crescendo. Non so quali siano gli obiettivi del gruppo, o se sono una visionaria che da un senso a ciò che più semplicemente non ne ha, però tra i due brani che ho menzionato sento una differenza tra le voci sussurrate all' inizio: mentre in Butterflies and Hurricanes il signor Bellamy canta sottovoce come per cullare o coccolare l' ascoltatore, in Madness somiglia più alla voce di chi trattiene ciò che vorrebbe dire a voce alta. E, dopo un lento divenire, verso il termine della canzone esplode quel "I need your love!" che mi ha fatto torcere lo stomaco. Bello bello bello. Non sono una tipa romantica (fate voi, il mio concetto di cena romantica comprende pizza e birra davanti ad un film comico; romantica ai livelli di Robin Scherbatsky), ma questa canzone minaccia ogni mio cipiglio.

 
Esito positivo anche per gli Halestorm, band conosciuta per caso con la canzone di cui sopra o per la loro cover (ben riuscita) di Bad romance di Lady Gaga. E ancora mi suona in mente, soprattutto quando un certo Cucciolo mi da la caccia, la frase "I'm in love with somebody, someone who completes me. I'm in love with somebody and IT'S NOT YOU!". L' ultimo album, uscito ad aprile di questo 2012, mi preoccupava visti i precedenti. E invece no. Esempio.


Ci sono dei bei pezzi carichi, tipo Mz Hyde, Love bites (So do I), I miss the misery e You call me a bitch like it's a bad thing, però in quindici tracce fare quattro lenti e due ballate mi pare un po' troppo... E poi, diciamocelo, ci serviva proprio un' altra Here's to us? Perché riproporla?
La vocalist Lzzy fa buoni screams, è un concentrato di energia.

Well, I do my dirty work... bye bye!

giovedì 8 novembre 2012

Chiamatemi Maya.

No, non soffro di crisi di identità. E non sono nemmeno sbroccata. Non più del solito, comunque.
Anche se da piccola mia madre mi faceva vedere l' ape Maya in tv (con gli odiosi intermezzi di Heidi), in realtà sono più simile all' omonimo popolo, conosciuto in gran parte per la simpatica teoria sulla fine del mondo. Non credo che la Terra esploderà in un colossale gioco pirotecnico a causa di una qualche allineazione cosmica; credo più ad un collasso provocato dagli esseri umani, un big bang nucleare o qualcosa del genere.
Sono pessimista, con tendenze nichiliste; a volte sono autosabotatrice, altre un nucleo di deliri di onnipotenza.

Non credo nella fortuna, ma nel caos. Non credo che il bene accada alle persone buone, come il male che non accade ai malvagi. Non credo alle etichette, alle persone, ai giuramenti, alle promesse e al perdono.
Credo nella solitudine, che sia una stanza silenziosa o una folla urlante.

Sono volubile e perseverante. Sono me, e il contrario di me.
Chiamatemi Maya, e per ora basta.

domenica 4 novembre 2012

La fortuna è una stronza bastarda.

Quando ti capita la fortuna di essere convocata per un colloquio, dopo centinaia di curriculum inviati a vuoto, pensi di aver fatto bingo. Sai già che SE ti prendono guadagnerai quel poco che basta a pagarti la benzina e una pizza con drink ogni sabato sera e sai già che dovrai faticare, sudare, fare mattinate e tornare a casa quando gli altri hanno già cenato. Ma ti accontenti, perché è meglio di niente.
Lavoro in un negozio di fresca apertura che, nel corso di una singola giornata, ho amato e già odiato.
La mattinata è stata piacevole, sia per le occasioni di gratuiti studi sociologici, sia perché ho fatto amicizia con nonnine davvero adorabili.
Nel pomeriggio ho dovuto fare i conti con il primo intoppo, più spiacevole del trasportare scatoloni pieni di roba, forse anche peggiore delle tre ore che ho perso a sistemare biancheria alla naftalina. Si tratta più o meno di un compromesso.
Ecco, io non sono sicura che tale compromesso deve essere accettato, né tantomeno di VOLERLO accettare.
Non so se valga la pena di adattarsi alla politica aziendale a discapito di un mio personale senso di integrità. Al momento ho la relativa fortuna di non avere qualcuno che dipenda da me. Ho anche la fortuna di avere una famiglia abbastanza benestante da potersi permettere una disoccupata in casa senza rischiare di finire a vivere sotto un ponte. In ristrettezze sì, ma ancora in condizioni di vita dignitosi.
In sostanza, mi sento la coscienza sporca e la cosa non mi piace. Anzi, in completa sincerità, la cosa mi fa incazzare. Come le imposizioni, come le ingiustizie. Come il parcheggiatore abusivo che vuole essere pagato due volte.
Non è certo la prima volta che i miei ideali vengono "sfidati", ma è una delle situazioni di sfida più complicate; troppi fattori di cui tenere conto, troppe le spiegazioni, le aspettative, le possibili conseguenze, la cosa riguarda me, la mia famiglia (almeno i più prossimi), il mio futuro.
Io non so cosa c'è per me nel futuro, non so dove andare né cosa fare, ma da qualche parte dovrà pur iniziare, no?

Accetto consigli, purché motivati. Anche se farò di testa mia, quando la testa mi darà una risposta.
Però la fortuna è stata una stronza bastarda.