A volte può capitare che due
ragazze in apparenza delicate e fragili si scolino una bottiglia di vino
rosso; così, tanto perché era sabato. Se tutto va bene, ci si ritrova
nei paraggi giusto in tempo per assistere a una delle due che si
sputtana con riflessioni pseudo esistenziali e a carattere sociologico
che manco ad un confessionale (religioso, psicologico o da infimo talk
show). Roba che la D' Urso ci avrebbe fatto quattro ore di programma
(per l' occasione si necessita la seconda bottiglia). Ricordo quando io
ero una di quelle che vi assistevano; appunto, ero. Pochi giorni fa una
delle due sopra citate ero io e le idiozie che ho raccontato non sto
neanche a riportarle. Giusto un filino imbarazzante. Del tipo che
vorresti tirarti la coperta fin sopra la testa e non uscire mai più là
fuori.
Ma poi penso che, tra i fumi alcolici che rendono tutto (o quasi) migliore di quel che è, ho maltrattato Cucciolo
senza apparire maleducata e neppure maligna. E scopro che un cittadino
locale si era iscritto ad un partito di sinistra per le prossime
elezioni, salvo poi figurare in una lista di destra; sicché ci
ritroviamo la città tappezzata con questa simpatica faccia paffuta,
candidato con la stessa foto e lo stesso slogan da frase fatta in ben
due partiti di schieramenti opposti.
E allora mi dico che l' imbarazzo non tratterrà a casa me.
Che
poi il vino è un buon antidepressivo occasionale e un ottimo
neurolettico: agisce contro ogni mio tipo di nevrosi. I bersagli della
mia acidità scompaiono.
Purtroppo/Per
fortuna mica posso stare tutto il tempo con i sensi obnubilati, no? E
quindi capita che una mattina mi faccia un giro in centro città con la
mia amica e mi ritrovo puntualmente a lamentarmi. Mi arrogo per la seconda volta la presunzione/l' onore di dibattere sulle scene architettoniche locali.
Non mi permetterei mai di fare "cuittigghio"
(gossip) sulla tizia di duecento chili con un top taglia XS color
fucsia catarifrangente, o sui due allupati dei quali si è vendicato un
parrucchiere tramite acconciature indecenti, o sul coglione che mi
taglia la strada e quasi mi gratta via la targa perché evidentemente il
cartello STOP su quella strada secondaria significa "ACCELLERA, CAZZO! E
già che ci sei prosegui a 40 km/h, tanto la corsia è vuota".
No,
non posso; soprattutto perché io di mise indecenti ne sfoggio con
orgoglio a bizzeffe (tipo le scarpe da ginnastica con un mini top, o le
infradito il sabato sera).
Un attimo, sto divagando.
Euhm, che stavo dicendo? Vabbè, roba inutile...
Quindi, spinta dal fatto che il monumento
mi ispira ancora tanta insofferenza e che a quanto pare qualcuno mi
legge (suvvia, era un modo carino della mia amica per dirmi "lamentati
altrove"; la diplomazia fatta persona, ficherrima), fornirò altre brutte
foto. Ultimamente faccio la turista nella mia città. Mah, brutta bestia
a volte il tempo libero.
Allora,
inizio con questo: entriamo in una libreria, luogo di eterna serenità e
di fresche temperature (al sole ci si poteva cuocere tranquillamente
come polli). Mi incanto tra gli scaffali, spulcio le novità, i
thriller-gialli-horror-quel filone lì, i classici, i filosofici e gli
scientifici; mica lo sapevo che Margherita Hack ha scritto così tanti
libri, ma dove sto di casa? Erano tutti lì, perfettamente impilati,
proprio accanto a Nietzsche che mi fa l' occhiolino e mi canticchia "Comprami! Io sono in vendita, e non mi credere irraggiungibile!".
I'm sorry, sono al verde. Giungo alla sezione musica, sono lì che sbavo
estasiata sul diario di Kurt Cobain in una mano e nell' altra una
raccolta (pesante almeno cinque chili) di locandine e copertine di
album dal 1962 al 2012 al modico prezzo di 63€, e il mio sguardo incauto si posa su tre o
quattro libri. Mi è crollato il mondo addosso, sono caduta in preda a un
mix di crisi mistica e mental crush. Cosa mi ha scosso tanto? Vasco
Rossi.
Cioè, ma quanti cazzo di libri ha scritto Vasco Rossi? Frantumarmi i timpani non vi bastava?
Piacevole quanto limonare con uno il cui fiato sa di sardine all' aceto.
Piacevole quanto fracassarsi un gomito contro lo spigolo del tavolo appena tornati -sbronzi- da una festa.
Ecco, ci siamo capiti.
Ora partiamo con le foto.
Sapendo che tutta la strada del centro è in queste condizioni, capite che calzare tacchi a spillo di dodici centimetri non è semplice tortura, ma indice di inclinazioni masochiste.
Giuro su qualunque cosa vogliate, che io non ho aggiunto nessuna scritta. Manca persino lo spazio fisico per aggiungerci il mio nome al pc. E questa, cari tutti, è la versione locale dei lucchetti a ponte Milvio. Peccato si tratti di una piccola parte degli enormi portoni della Chiesa Madre. Ebbene sì: la città pullula di ragazzi atei, eppure una relazione non vale nulla se non si trova scritta su questo legno.
Comincio a capire perché i piccioni si siano trasferiti altrove...
Chiusa la Wall of Shame, propongo il Municipio. Okay, magari è un po' cupo ma del resto ci sono scuole elementari che hanno le sbarre di ferro alle finestre. Non si sa mai che a qualcuno venisse l' istinto di evadere... Come si può notare, sugli scalini siedono sempre persone; in genere sono pensionati, a volte ragazzi; comunque ripara dal calore del sole o dal vento e la pioggia, il ché non è mica poco.
Con la seguente vignetta presa da un giornale, passo e chiudo.
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Chiedete e vi sarà dato. Forse.