giovedì 30 novembre 2017

Contraddizioni.

Questo è un blog personale. Un blog intimo, mio, un giornale di bordo dove scrivo di me e in particolare del mio mondo interiore. Vero è che uso un nickname, che non ho mai detto il nome della mia città e che non ci ho mai messo la faccia e mai penso che lo farò. Al massimo ho mostrato le mie mani, che mi piacciono abbastanza, e forse i piedi in un paio di occasioni in quasi sei anni di Adesso break! 
Oggi sento il bisogno di raccontare e di provare a spiegare. Abbiate pazienza, perché qualcosa mi ha scossa.


Per circa tre anni Adesso break! si chiamava in un altro modo. All'inizio non era neanche mio.
Mi spiego, era mio, l'idea di aprirlo è stata mia ma avevo chiesto ad un'amica di partecipare, usando il nome di una sua pagina facebook (che non esiste più da tempo) e proponendole una collaborazione alla pari. Avremmo entrambe scritto post su qualunque argomento ci venisse il capriccio di scrivere. Quel titolo avrei voluto tanto averlo pensato io, ero un po' invidiosa, e questo è il motivo per cui il mio indirizzo è "Pusher di sogni andati": mi piaceva, lei era d'accordo, voleva collaborare.
Come adolescenti pseudo depressi, pur avendo vent'anni circa, passavamo un periodo di sconforto nel quale avevamo l'impressione che i nostri sogni non si sarebbero mai realizzati, per quanto ci impegnassimo sembravano destinati a infrangersi, quindi tanto valeva regalarli a qualcun altro che magari quei sogni sarebbe riuscito a realizzarli oppure condividere lo scoraggiamento con altri proprietari di sogni infranti che non ci dicessero di stringere i denti e di andare avanti, persone che capissero che a volte la tristezza va vissuta, va subita e solo dopo la si può mettere da parte.
La mia amica scrisse un solo post prima di decidere che non faceva per lei, pur essendo una persona vanitosa che ama essere il centro dell'attenzione. Io, ai suoi diretti antipodi, così discreta, introversa, diffidente, riservata, sfiduciata, chiusa e sigillata, invece ho trovato il luogo più adatto dove sfogarmi e dove a poco a poco, negli anni, ho imparato ad aprirmi, a scongelare le mie difese. Questo blog è stato un validissimo strumento per imparare a schiudermi. Non sono diventata l'animatrice delle feste, ma almeno alle feste ci andavo e non facevo la tappezzeria.
All'inizio qui scrivevo per me, solo per me. Leggevo e seguivo già una decina di blog, ma non lasciavo mai commenti a nessuno. Non ero pronta. La scrittura e la lettura sono sempre state attività personali da condurre esclusivamente in privato. Non parlavo con i miei amici neanche dei libri che avevo letto, per darvi un'idea. Per anni i followers si contavano sulle dita di una mano; ora non è che ci sia una gran folla eh, ma sono molti di più di quelli che avevo immaginato ci sarebbero stati nel dicembre in quel 2011. Se volevo scrivere per avere migliaia di followers andavo a fare la stagista per Fabio Volo.
Ora leggo, commento quasi sempre e sono affezionata a molte persone "virtuali".
Ma, ecco, si tratta pur sempre di "persone virtuali". Sono stata sempre molto attenta a tenere i virtuali e i fisici in due mondi nettamente separati. Trovo ancora difficile, difficilissimo aprirmi con le persone, sto ancora imparando e non mi sento a mio agio nel mischiare le carte. Parlo con gli amici e scrivo ai followers, così sono tranquilla.
Tutti questi preamboli per dire alla fine che qualcuno ha saltato la barricata. Senza avvertire, senza chiedere permesso, all'improvviso ha fatto irruzione.
Il mio Quasi-Ingegnere ha preso una mia frase e l'ha cercata su google, ha trovato il post e ha riconosciuto la cornice degli eventi. Me l'ha detta una sera che eravamo a cena fuori, mentre scivolavo sul sedile dopo aver accartocciato la carta di un panino.
"Ho trovato il tuo blog" ha detto.
Sono diventata una statua di pietra e sono rimasta a fissare il vuoto per qualche secondo, intorpidita, incapace di reagire.
"Stai scherzando?"
Mi sono girata a guardarlo e sebbene il tono fosse piatto, si è messo subito in allarme.
"No. Ho cercato quella frase e ti ho trovata. Sei Adesso break! giusto?"
Sono rimasta zitta, ho sentito una nube di calore avvolgermi e mi sono sentita allontanare, chiudermi.
Si è subito scusato, ha detto che non ha resistito alla tentazione. Dice che scrivo bene ma che sembro diversa. Dice che gli piace come scrivo. Si è scusato tante volte.
Non so perché mi è così difficile arrabbiarmi con lui ma quella sera lo ero davvero e non sapevo come dimostrarglielo. Tuttavia non volevo ferirlo, ma questa sua intrusione mi ha fatto male. Gli ho ricordato che quando gli avevo parlato del blog gli avevo detto qual è il suo ruolo, la sua funzione per me. Gli avevo parlato della mia maniacale attenzione a non svelare troppo, a non dire troppo. Gli avevo detto che non ero pronta a condividerlo con lui. Parlarne era il massimo del livello di condivisione al quale sono momentaneamente pronta.
Ha detto che non mi cercherà più, neanche se io glielo chiederò, che gli dispiace troppo. Gli ho creduto e ho provato da subito ad archiviare l'accaduto.
Ad un certo punto devo avergli rivolto un brutto sguardo perché ho visto che ha fisicamente fatto un cenno di arretramento.
Non era certo la prima volta che mettevo a disagio una persona o che la facessi arretrare con un solo terribile sguardo (che esula dalla mia volontà, non so farlo a comando), ma era la prima volta che quello sguardo fosse diretto a lui e non è una reazione che vorresti innescare in una relazione amorosa.
Da allora ci ho pensato, riflettuto.
Non ha rispettato la mia privacy ma non mi ha mai fatto mancare il rispetto o la comprensione. Non pensava di farmi male, non lo voleva ma lo ha fatto. Non potevo impedire a me stessa di sentire quelle sensazioni, come non potevo negare che quella irruzione mi avesse ferita.
Gli dico quando parlo di lui, delle nostre uscite; gli ho anche letto qualcosa. Ma non pensavo che non bastasse.
Questo spazio è mio, lo gestisco io, lo riempio io come potrei anche svuotarlo. Sono affezionata a questo blog, ma di certo non lo amo quanto amo lui.
Che amaro dilemma, incazzarsi o non incazzarsi.

venerdì 10 novembre 2017

Sacherogna.

Non lo cosa mi abbia preso, francamente.
Ho iniziato a fare torte da meno di un anno, ogni ricetta che scovo la applico a modo mio. Ovvero, mi scoccia troppo in genere far montare i tuorli e gli albumi a parte, io frullo tutto l'uovo e poi aggiungo burro o olio, zucchero e se ci va anche il latte; dopodiché ci verso la farina a poco a poco e gli eventuali altri ingredienti (tipo la cannella in polvere, vi assicuro che la mia torta alla cannella è strabuona!) e l'unica cosa che setaccio è il lievito, perché altrimenti me lo ritrovo sempre a pezzetti sulla superficie della torta e diciamolo chiaramente: il lievito a pezzettini fa schifo e non si toglie più dalla lingua. Forse dovrei mescolare di più? Non lo so, so solo che ogni volta sento la voce di mia madre come una pulce dentro l'orecchio che mi tartassa dicendo "T'a spirugghiari! U lievito accuminciao!", cioè che mi devo sbrigare perché la funzione lievitante è già attiva e può perdersi. Che sia vero o no, ormai ce l'ho dentro quella voce.

Da circa sei mesi ho smesso di fare torte che nel forno si sollevano nei primi dieci minuti per poi collassare nei prossimi dieci, fino a ritrovare qualcosa di simile ad un sufflè sgonfio.
Le  mie torte in pratica sono sempre dei pan di spagna di vario genere: alla cannella (per me è degno di nota, quindi mi ripeto), alla cannella e zenzero, al limone, al cioccolato, cioccolato e cocco, cioccolato e vaniglia (marmorizzato in pratica), alle mele e all'arancia con annessa crema nel mezzo (sempre all'arancia). Un paio di volte ho tentato la crostata ma questa è mia nemica: una volta era buona ma la frolla sembrava una base biscottata, la volta dopo non so cosa sia successo ma faceva schifo e l'ho buttata.
Con tutte queste premesse non proprio ben auguranti, la sottoscritta divenuta pazza (non ho altre spiegazioni) ha pensato bene di provare una torta diversa, mai fatta e pure più complicata: la Sacher.
Per chi non lo sapesse (cito un film: va be', continuiamo così, facciamoci del male!), la Sachertorte è una delizia austriaca la cui ricetta è segretissima, conosciuta solo da una cerchia ristretta di pasticceri che lavorano esclusivamente all'Hotel Sacher di Vienna. Si tratta di due strati di pan di spagna al cioccolato, leggermente asciutto, intervallati da uno strato di marmellata all'albicocca (o ciliegie), il tutto racchiuso da una copertura di cioccolato fondente.
*Asciugo la bava*

Armata di buona volontà ho cercato le ricette on line, le imitazioni, e decisa quale seguire mi metto all'opera. Ricordate tutte le premesse? Ecco, io stavolta ci ho provato a seguire tutte le fasi, lo giuro. Ho sporcato una decina di contenitori, ho montato prima i tuorli (mi ci è voluto un quarto d'ora con la frusta elettrica), ho fatto lo zucchero a velo (o qualcosa di simile) e poi ho tentato di montare anche gli albumi ma dopo venti minuti buoni ancora non erano pronti, allora mi sono venuti i famosi cinque minuti di follia e mi sono detta: al diavolo, sono stanca, così è una rogna! Faccio a modo mio!
Risultato? Non ho mai assaggiato l'originale ma mi riprometto di farlo un giorno sperando di non dover vendere un rene per ottenerla, ma in fin dei conti la mia Sa-che-rogna non è da buttare.
Guardare per credere. E sappiate che Il Papi mio genitore ne ha mangiato una fetta enorme senza esordire con la solita frase "Ma picchì cummatte?" (non so come tradurla meglio di così: ma perché ti affatichi tanto?").


Siccome sono una farlocca di buon cuore, vi lascio la ricetta della mia Sacherogna, almeno all'incirca perché ho improvvisato dopo il mio colpo di testa, ma fidatevi: il mio è un metodo da principiante, se ce l'ho fatta io può farcela chiunque. Certo non ci vincerete un premio, non sarà buona come da pasticceria, ma "si fa mangiare volentieri".

Ingredienti:
- 3 uova
- 70 g di burro
- 80 g di cioccolato fondente al 60%, anche al 75% va bene, magari mettendo un pochino di zucchero in più
- 120 g di zucchero (la ricetta che avevo preso divideva 90 g di zucchero e 20 g di zucchero a velo, ma per la mia versione va bene anche tutto normale)
- 100 g di farina 00 (quella ricetta ne aveva 65 ma ripeto: è la mia versione da principiante)
- 1 bicchiere di yogurt quasi pieno di latte (spiegazione di cui sopra, ho dovuto aggiungerlo perché altrimenti l'impasto era troppo duro)
- un pizzico di sale
- lievito (anche questo di mia iniziativa)
- marmellata/confettura di albicocche
Per fare la copertura di cioccolato fondente ho utilizzato una bustina di preparato, non voglio dire la marca anche se è famosa, ma in pratica è una busta con dentro il cioccolato solido che si mette in un pentolino con l'acqua che bolle. Su quella che compro io c'è scritto a chiare lettere "glassa al cioccolato" (tipo quella che si versa sul profitterol).

PROCEDIMENTO.
Ricordate che sono una principiante imbranata, per cui faccio sempre le stesse mosse: per prima cosa preparo la teglia rivestendola bene di fidata carta forno, procedimento che in genere mi porta via almeno dieci minuti.
Sbattete le uova, io preferisco usare il cucchiaio di legno ma andrebbero bene anche le fruste elettriche, finché è tutto una robaccia gialla e spumosa. Sbattete e mescolate il resto sempre nello stesso verso.
Aggiungete il latte (a temperatura ambiente o non troppo freddo, per la mia esperienza non sarebbe un bene) ed il burro ammorbidito (mi raccomando, non fate come me una volta che ho riscaldato troppo il burro, poi con le uova si formano delle palline mollicce davvero poco invitanti e a quel punto è irrimediabilmente rovinato), anche qui fino a quando il composto ha delle belle bollicine.
Aggiungete il cioccolato fuso, che non deve essere né bollente né troppo freddo, altrimenti si indurisce tutto. Immagino che andrebbe bene anche il cacao amaro in polvere (di solito uso questo).
A poco a poco mettete lo zucchero (metto un poco e mescolo, poi ripeto, circa 4 volte).
A questo punto di solito accendo il forno a 170 °C, così quando finisco con l'impasto il forno è caldo.
A poco a poco, come con lo zucchero di prima, aggiungete la farina e poi il pizzico di sale.
Setacciate il lievito in polvere per evitare che faccia grumi e mescolate, sempre nello stesso verso, fino a quando è omogeneo.
Versate il composto sulla teglia già incartata, io non ci metto niente sul fondo e non ho mai bruciato una torta.
Infornate per circa 30 minuti, controllate inserendo lo stuzzicadenti: se esce asciutto allora è pronta.

Ho l'abitudine di lasciare il forno aperto con la torta dentro per qualche minuto, così che non prenda una botta di freddo, non so se faccio bene o male quindi non vi suggerisco come raffreddarla.
Quando si è raffreddata, tagliatela a metà e spalmate un bello strato di marmellata, ricomponete e spalmate con poca marmellata la superficie e i lati. Ho messo circa 200 g di marmellata, ma tutta ad occhio, quindi potrebbe variare per altezza della torta o larghezza della teglia.
Ricoprite la superficie e i lati della torta con la glassa al cioccolato fondente, fate riposare magari mezz'ora e poi bon appetit!


Se volete provare a farla, che sia Sacher oppure Sacherogna, poi fatemi sapere nei commenti, ci confrontiamo e fondiamo una società di golosi! :D