Questo è un blog personale. Un blog intimo, mio, un giornale di bordo dove scrivo di me e in particolare del mio mondo interiore. Vero è che uso un nickname, che non ho mai detto il nome della mia città e che non ci ho mai messo la faccia e mai penso che lo farò. Al massimo ho mostrato le mie mani, che mi piacciono abbastanza, e forse i piedi in un paio di occasioni in quasi sei anni di Adesso break!
Oggi sento il bisogno di raccontare e di provare a spiegare. Abbiate pazienza, perché qualcosa mi ha scossa.
Per circa tre anni Adesso break! si chiamava in un altro modo. All'inizio non era neanche mio.
Mi spiego, era mio, l'idea di aprirlo è stata mia ma avevo chiesto ad un'amica di partecipare, usando il nome di una sua pagina facebook (che non esiste più da tempo) e proponendole una collaborazione alla pari. Avremmo entrambe scritto post su qualunque argomento ci venisse il capriccio di scrivere. Quel titolo avrei voluto tanto averlo pensato io, ero un po' invidiosa, e questo è il motivo per cui il mio indirizzo è "Pusher di sogni andati": mi piaceva, lei era d'accordo, voleva collaborare.
Come adolescenti pseudo depressi, pur avendo vent'anni circa, passavamo
un periodo di sconforto nel quale avevamo l'impressione che i nostri
sogni non si sarebbero mai realizzati, per quanto ci impegnassimo
sembravano destinati a infrangersi, quindi tanto valeva regalarli a
qualcun altro che magari quei sogni sarebbe riuscito a realizzarli oppure
condividere lo scoraggiamento con altri proprietari di sogni infranti che non ci dicessero di stringere i denti e di andare avanti, persone che capissero che a volte la tristezza va vissuta, va subita e solo dopo la si può mettere da parte.
La mia amica scrisse un solo post prima di decidere che non faceva per lei, pur essendo una persona vanitosa che ama essere il centro dell'attenzione. Io, ai suoi diretti antipodi, così discreta, introversa, diffidente, riservata, sfiduciata, chiusa e sigillata, invece ho trovato il luogo più adatto dove sfogarmi e dove a poco a poco, negli anni, ho imparato ad aprirmi, a scongelare le mie difese. Questo blog è stato un validissimo strumento per imparare a schiudermi. Non sono diventata l'animatrice delle feste, ma almeno alle feste ci andavo e non facevo la tappezzeria.
All'inizio qui scrivevo per me, solo per me. Leggevo e seguivo già una decina di blog, ma non lasciavo mai commenti a nessuno. Non ero pronta. La scrittura e la lettura sono sempre state attività personali da condurre esclusivamente in privato. Non parlavo con i miei amici neanche dei libri che avevo letto, per darvi un'idea. Per anni i followers si contavano sulle dita di una mano; ora non è che ci sia una gran folla eh, ma sono molti di più di quelli che avevo immaginato ci sarebbero stati nel dicembre in quel 2011. Se volevo scrivere per avere migliaia di followers andavo a fare la stagista per Fabio Volo.
Ora leggo, commento quasi sempre e sono affezionata a molte persone "virtuali".
Ma, ecco, si tratta pur sempre di "persone virtuali". Sono stata sempre molto attenta a tenere i virtuali e i fisici in due mondi nettamente separati. Trovo ancora difficile, difficilissimo aprirmi con le persone, sto ancora imparando e non mi sento a mio agio nel mischiare le carte. Parlo con gli amici e scrivo ai followers, così sono tranquilla.
Tutti questi preamboli per dire alla fine che qualcuno ha saltato la barricata. Senza avvertire, senza chiedere permesso, all'improvviso ha fatto irruzione.
Il mio Quasi-Ingegnere ha preso una mia frase e l'ha cercata su google, ha trovato il post e ha riconosciuto la cornice degli eventi. Me l'ha detta una sera che eravamo a cena fuori, mentre scivolavo sul sedile dopo aver accartocciato la carta di un panino.
"Ho trovato il tuo blog" ha detto.
Sono diventata una statua di pietra e sono rimasta a fissare il vuoto per qualche secondo, intorpidita, incapace di reagire.
"Stai scherzando?"
Mi sono girata a guardarlo e sebbene il tono fosse piatto, si è messo subito in allarme.
"No. Ho cercato quella frase e ti ho trovata. Sei Adesso break! giusto?"
Sono rimasta zitta, ho sentito una nube di calore avvolgermi e mi sono sentita allontanare, chiudermi.
Si è subito scusato, ha detto che non ha resistito alla tentazione. Dice che scrivo bene ma che sembro diversa. Dice che gli piace come scrivo. Si è scusato tante volte.
Non so perché mi è così difficile arrabbiarmi con lui ma quella sera lo ero davvero e non sapevo come dimostrarglielo. Tuttavia non volevo ferirlo, ma questa sua intrusione mi ha fatto male. Gli ho ricordato che quando gli avevo parlato del blog gli avevo detto qual è il suo ruolo, la sua funzione per me. Gli avevo parlato della mia maniacale attenzione a non svelare troppo, a non dire troppo. Gli avevo detto che non ero pronta a condividerlo con lui. Parlarne era il massimo del livello di condivisione al quale sono momentaneamente pronta.
Ha detto che non mi cercherà più, neanche se io glielo chiederò, che gli dispiace troppo. Gli ho creduto e ho provato da subito ad archiviare l'accaduto.
Ad un certo punto devo avergli rivolto un brutto sguardo perché ho visto che ha fisicamente fatto un cenno di arretramento.
Non era certo la prima volta che mettevo a disagio una persona o che la facessi arretrare con un solo terribile sguardo (che esula dalla mia volontà, non so farlo a comando), ma era la prima volta che quello sguardo fosse diretto a lui e non è una reazione che vorresti innescare in una relazione amorosa.
Da allora ci ho pensato, riflettuto.
Non ha rispettato la mia privacy ma non mi ha mai fatto mancare il rispetto o la comprensione. Non pensava di farmi male, non lo voleva ma lo ha fatto. Non potevo impedire a me stessa di sentire quelle sensazioni, come non potevo negare che quella irruzione mi avesse ferita.
Gli dico quando parlo di lui, delle nostre uscite; gli ho anche letto qualcosa. Ma non pensavo che non bastasse.
Questo spazio è mio, lo gestisco io, lo riempio io come potrei anche svuotarlo. Sono affezionata a questo blog, ma di certo non lo amo quanto amo lui.
Che amaro dilemma, incazzarsi o non incazzarsi.