Grazie al cielo scrivo su Blogger e non mi filmo su youtube, altrimenti starei ciarlando come Ornella Vanoni, che ha la pelle talmente tirata che non parla: mugugna in modo incomprensibile. Ma non è della cantante che volevo parlare, quella cattiveria mi è uscita così. Colpa del dente devitalizzato che duole e dell'afa che destabilizza.
Questo mese ho letto due libri, grazie ai quali ho segnato due punti. Con Tutto ciò che muore di John Connolly ho segnato il punto 15: primo libro di un autore famoso. Questo è un thriller poliziesco bello da paura e il suo modo di scrivere e raccontare è intrigante, avvincente. Ci sono tanti elementi, tanti personaggi, tante storie, tanti misteri, tanti fantasmi, tante emozioni diverse e non si sa mai quale filo tirerà. Una storia che in realtà ne contiene molte altre.
L'ex poliziotto Charlie Parker, detto Bird, molti mesi dopo il brutale omicidio di sua moglie e della sua figlioletta (scuoiate e lasciate in posa, la bimba di traverso sulle gambe della madre come nella Pietà), riesce faticosamente a smettere di bere ma non desiste dal cercare ancora l'assassino, a qualunque costo; in mancanza di piste, occupa il suo tempo in altre "investigazioni", tra cui il rapimento di una ragazza la cui sorella era stata rapita e uccisa anni prima da una coppia di killer locali e la ricerca di criminali fuggiti alla libertà vigilata (uno di questi, Fat Ollie, viene ucciso in sua presenza dalla mafia). Ben presto si ritrova invischiato in altre ricerche, in un passato che non gli appartiene ma di cui si fa carico: vuole espiare parte del suo senso di colpa trovando viva la ragazza e far arrestare i colpevoli degli altri omicidi. Non sarà facile: mentre la cerca, si imbatte in una serie di cadaveri, in particolar modo di bambini seviziati e uccisi; a tutto ciò si aggiungono varie famiglie di mafiosi, una santona creola di New Orleans con le visioni (una riguarda una ragazza morta che si trova in fondo ad un bayou, non è mai stata trovata e di notte la sente piangere; attira Bird perché riporta le stesse ferite di sua moglie, particolari non diffusi alla stampa) e altri omicidi che prevedono la messa in posa dei cadaveri che tengono le redini della propria stessa pelle scuoiata, privati di occhi e della pelle sulla faccia (quello che in gergo si definisce "trofeo" *), i quali sono tratti da antiche immagini mediche o artistiche.
Connolly riesce a dar vita a dei collegamenti tra fatti che, in apparenza, non hanno niente in comune, eppure si arriva al punto della scoperta e tutto sembra avere una logica conseguenzialità.
La motivazione psicologica di base del serial killer non mi è chiara, non spiega quali fossero i fattori che hanno dato inizio alla pulsione, alla fantasia omicida, ma solo il fattore scatenante (ossia l'avvenimento che lo ha spinto a tradurre la fantasia in azione; questo lo spiega bene ma non posso aggiungere altro, altrimenti potrei dare un suggerimento troppo grande).
Il senso delle pose è creare un memento, cioè creare qualcosa che ricordi al genere umano la propria caducità, la mortalità, la futilità della vita stessa e delle sue caratteristiche (amore, famiglia, amicizia, orgoglio, ambizione), tutto ciò che conta è la sofferenza e la morte di tutto ciò che muore. Nel finale l'assassino spiega tutto questo a Bird ma lui rigetta totalmente la teoria esistenziale del criminale, nonostante sia ad un passo brevissimo dal diventare uno di quei mementi, insieme a Rachel Wolfe, una psicologa criminale che lo ha aiutato nelle indagini e ad accettare la perdita della moglie andando avanti.
A circa metà del libro ho adocchiato un personaggio, per poi scoprire alla fine che avevo davvero indovinato il killer.
Detto con modestia, se avessi lo stesso intuito nella vita reale sarei meglio di Pippo Baudo ai suoi tempi d'oro.
* Piccola lezione di psicologia criminale, in termini spiccioli: i killer seriali prelevano qualcosa dalle proprie vittime o dalla scena del crimine, possono essere oggetti o parti del corpo e sono chiamati "trofei", si tratta di qualcosa che il killer utilizza per ricordare a se stesso cosa ha fatto e cosa ha provato, per rivivere le sue azioni.
Con il secondo libro ho segnato il punto 17: libro consigliato da un amico. Ho fatto un prestito-scambio con una amica, che mi ha indicato Il trattamento di Mo Hayder come uno dei suoi thriller preferiti. Mi duole ammetterlo, e non so come farò a confessarlo a lei, ma io l'ho detestato. Ho fatto fatica a leggerlo, più volte avrei voluto abbandonarlo, adesso faccio fatica a trovare un commento positivo da fare che non sia questo: sono contenta di averlo finito e di non doverlo rileggere mai, mai più.
Ne ho lette e viste in tv di cose orribili, ma così è troppo: il caso riguarda bambini stuprati e uccisi in condizioni di fortissimo impatto psicologico. Orribile, semplicemente orribile. Oltre al fatto incontestabile che il racconto di per sé è orribile, la narrazione non lo salva neanche. Per me è scritto male. Non ho provato empatia o simpatia per nessun personaggio, sono insulsi, privi di attrattive, alcuni sono stereotipi (come la lesbica coi capelli rasati e zero femminilità nei movimenti e negli atteggiamenti, cosa che mi fa chiedere se l'autrice abbia mai parlato in vita sua con una lesbica); coi vari cambi di argomento e prospettive confonde, con le descrizioni inutili abbonda, quando finalmente sta per accadere qualcosa o sta per dare un indizio blocca la scena per metterci in mezzo un'altra scena del tutto diversa con altri personaggi e quando si ritorna alla svolta non è poi questo gran ché. Non mi è piaciuto neanche il finale. In sostanza, questo libro non mi è piaciuto, non fa per me e sono contenta che me lo hanno prestato così non dovrò neanche rivederlo.
Su queste note amare una conclusione: credo che non leggerò un altro thriller per un po' di tempo. Forse non leggerò proprio. Boh.
Stay tuned!
L'ex poliziotto Charlie Parker, detto Bird, molti mesi dopo il brutale omicidio di sua moglie e della sua figlioletta (scuoiate e lasciate in posa, la bimba di traverso sulle gambe della madre come nella Pietà), riesce faticosamente a smettere di bere ma non desiste dal cercare ancora l'assassino, a qualunque costo; in mancanza di piste, occupa il suo tempo in altre "investigazioni", tra cui il rapimento di una ragazza la cui sorella era stata rapita e uccisa anni prima da una coppia di killer locali e la ricerca di criminali fuggiti alla libertà vigilata (uno di questi, Fat Ollie, viene ucciso in sua presenza dalla mafia). Ben presto si ritrova invischiato in altre ricerche, in un passato che non gli appartiene ma di cui si fa carico: vuole espiare parte del suo senso di colpa trovando viva la ragazza e far arrestare i colpevoli degli altri omicidi. Non sarà facile: mentre la cerca, si imbatte in una serie di cadaveri, in particolar modo di bambini seviziati e uccisi; a tutto ciò si aggiungono varie famiglie di mafiosi, una santona creola di New Orleans con le visioni (una riguarda una ragazza morta che si trova in fondo ad un bayou, non è mai stata trovata e di notte la sente piangere; attira Bird perché riporta le stesse ferite di sua moglie, particolari non diffusi alla stampa) e altri omicidi che prevedono la messa in posa dei cadaveri che tengono le redini della propria stessa pelle scuoiata, privati di occhi e della pelle sulla faccia (quello che in gergo si definisce "trofeo" *), i quali sono tratti da antiche immagini mediche o artistiche.
Connolly riesce a dar vita a dei collegamenti tra fatti che, in apparenza, non hanno niente in comune, eppure si arriva al punto della scoperta e tutto sembra avere una logica conseguenzialità.
La motivazione psicologica di base del serial killer non mi è chiara, non spiega quali fossero i fattori che hanno dato inizio alla pulsione, alla fantasia omicida, ma solo il fattore scatenante (ossia l'avvenimento che lo ha spinto a tradurre la fantasia in azione; questo lo spiega bene ma non posso aggiungere altro, altrimenti potrei dare un suggerimento troppo grande).
Il senso delle pose è creare un memento, cioè creare qualcosa che ricordi al genere umano la propria caducità, la mortalità, la futilità della vita stessa e delle sue caratteristiche (amore, famiglia, amicizia, orgoglio, ambizione), tutto ciò che conta è la sofferenza e la morte di tutto ciò che muore. Nel finale l'assassino spiega tutto questo a Bird ma lui rigetta totalmente la teoria esistenziale del criminale, nonostante sia ad un passo brevissimo dal diventare uno di quei mementi, insieme a Rachel Wolfe, una psicologa criminale che lo ha aiutato nelle indagini e ad accettare la perdita della moglie andando avanti.
A circa metà del libro ho adocchiato un personaggio, per poi scoprire alla fine che avevo davvero indovinato il killer.
Detto con modestia, se avessi lo stesso intuito nella vita reale sarei meglio di Pippo Baudo ai suoi tempi d'oro.
* Piccola lezione di psicologia criminale, in termini spiccioli: i killer seriali prelevano qualcosa dalle proprie vittime o dalla scena del crimine, possono essere oggetti o parti del corpo e sono chiamati "trofei", si tratta di qualcosa che il killer utilizza per ricordare a se stesso cosa ha fatto e cosa ha provato, per rivivere le sue azioni.
Con il secondo libro ho segnato il punto 17: libro consigliato da un amico. Ho fatto un prestito-scambio con una amica, che mi ha indicato Il trattamento di Mo Hayder come uno dei suoi thriller preferiti. Mi duole ammetterlo, e non so come farò a confessarlo a lei, ma io l'ho detestato. Ho fatto fatica a leggerlo, più volte avrei voluto abbandonarlo, adesso faccio fatica a trovare un commento positivo da fare che non sia questo: sono contenta di averlo finito e di non doverlo rileggere mai, mai più.
Ne ho lette e viste in tv di cose orribili, ma così è troppo: il caso riguarda bambini stuprati e uccisi in condizioni di fortissimo impatto psicologico. Orribile, semplicemente orribile. Oltre al fatto incontestabile che il racconto di per sé è orribile, la narrazione non lo salva neanche. Per me è scritto male. Non ho provato empatia o simpatia per nessun personaggio, sono insulsi, privi di attrattive, alcuni sono stereotipi (come la lesbica coi capelli rasati e zero femminilità nei movimenti e negli atteggiamenti, cosa che mi fa chiedere se l'autrice abbia mai parlato in vita sua con una lesbica); coi vari cambi di argomento e prospettive confonde, con le descrizioni inutili abbonda, quando finalmente sta per accadere qualcosa o sta per dare un indizio blocca la scena per metterci in mezzo un'altra scena del tutto diversa con altri personaggi e quando si ritorna alla svolta non è poi questo gran ché. Non mi è piaciuto neanche il finale. In sostanza, questo libro non mi è piaciuto, non fa per me e sono contenta che me lo hanno prestato così non dovrò neanche rivederlo.
Su queste note amare una conclusione: credo che non leggerò un altro thriller per un po' di tempo. Forse non leggerò proprio. Boh.
Stay tuned!
... ma tu mugugni e biascichi perchè hai un dente devitalizzato non perchè hai le guance tirate dietro la nuca.
RispondiEliminaSecondo me le guance gliel'hanno asportate, altrimenti non mi spiego
EliminaTesoruccio caro , sempre che questo mio commento ti arrivi perchè il mio PC sente il caldo!!!!!
RispondiEliminaSi blocca , il dns non funziona e come giallo Maya mia, mi sembra molto intrigante anche la mia precaria situazione...
Mi piacciono molto i libri gialli, prendo appunti..
Un bacio thriller!
J.J. Abrams potrebbe tirarci su un altro telefilm con i tuoi problemi informatici :D
EliminaSuper bacio!
Ottima idea, hai visto mai?
EliminaQuasi quasi ci faccio una pensata....Un abbraccio forte amorevole creatura!
Io sono bloccata con la lettura. Puff...
RispondiEliminaPurtroppo è una sensazione che conosco :( ma per fortuna col tempo passerà
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