venerdì 27 dicembre 2013

Umanità e pollame.

Un paio di post fa mi sono sfogata contro un povero ragazzo sfruttato dalla fidanzata definendolo pollo. A parte l'inequivocabile diritto a dire quello che voglio, perché mi sono permessa di esprimermi a quel modo? Semplice: anche io sono metaforicamente un pollo. Non so per quale motivo di preciso, ma ho mandato una whatsappata a mr. X per fargli gli auguri di buon Natale. Visto? Cosa dicevo? Sono un pollo.

Abbiamo pure lo stesso colorito pallido.

Stavo mandando degli auguri e mi sono detta che sarebbe stato un gesto da persona civile, matura e sicura di sé, smentita all'istante perché mi tremavano così tanto le mani che ho rischiato qualche pessimo errore ortografico o di mancare il tasto invio. Non mi aspettavo nulla in cambio, di solito le buone azioni restano impunite, no? Boh. Lui ricambia gli auguri, e un poco me lo aspettavo, mica ci vuole chissà quale cuore o quanto tempo per rispondere "anche a te". Eh, infatti. Ma chi se lo aspettava che mi avrebbe chiesto come sto, come va? Sono sei mesi che non me lo sentivo chiedere da lui. All'ultima cena con i colleghi ci siamo ignorati il più possibile, i nostri sguardi non si sono mai incrociati se non per frettolosi, superficiali e insapori saluti, alle sue battute ridevo con gli occhi lucidi, guardando delle foto lui è arrossito dopo aver fatto una battuta leggera su una mia foto, facendo sembrare falsa la sua nonchalance. Quella sera ci siamo salutati con un freddo baciarsi le guance, e sono sicura che anche lui in quel momento ha pensato a quando ci salutavamo con un abbraccio. O più di uno. Certi giorni fuori dall'edificio del corso sembrava che non avessimo la forza di andare ognuno per la sua strada di casa. A me piacevano i suoi abbracci, a me che gli abbracci non piacciono. Mi sentivo a casa, ogni volta che mi abbracciava.
E abbiamo iniziato a parlare come se questi sei mesi non fossero esistiti, come quando eravamo amici e scherzavamo invece di lavorare. Io con la mia riservatezza, le mie gaffe, le mie parole innocenti che a leggerle dopo un po' avevano un gusto amaro, se non addirittura di accusa, e lui con la sua riservatezza e i caratteri abbreviati. Questo la dice lunga su quanto mi piaceva: scriveva cose come k, bn, xò, e non ho mai fatto una piega, mentre ho flagellato il mio amico perché mi scriveva domande mettendo due punti interrogativi, o perché mi scriveva sta sera e non stasera. Son cose che fan riflettere... Per l'appunto, sono decisamente un pollo.
Sono un pollo che ha contribuito ad affossare una relazione promettente, che ha accettato atteggiamenti che avrei dovuto dirgli che mi infastidivano. So che ormai è un capitolo chiuso e irrecuperabile, per la mia scarsa fiducia nel prossimo, per lo stesso eccesso di riservatezza che abbiamo entrambi e che non ci permetterebbe di aprirci e di avere un vero rapporto. Sono troppo delusa dalla situazione, da lui ma anche molto da me. Ma è da ieri che continuo a chiedermi: mi piaceva davvero o mi piaceva perché diceva di volersi sposare giovane e avere una famiglia, cosa che placava la mia ansia da abbandono? O mi faccio queste domande inutili perché non voglio affrontare la verità, qualunque essa sia? Cazzo, quanto odio sentirmi così vulnerabile.

Già da tempo sto organizzando un altro viaggio con gli ex colleghi-amici, forse verrà anche lui. So che sarà un po' strano (un viaggio in compagnia implica sempre tanto tempo condiviso), ma so anche che mi sentirei in colpa se non partecipasse a causa mia. Però, pensandoci, credo di avere abbastanza controllo di me stessa da non fare danni e godermi il viaggio, senza ripercussioni sul gruppo. Ho già affrontato situazioni simili, quindi posso farcela ancora.
Viaggio futuro, io non ti temo.

mercoledì 18 dicembre 2013

Aria, ti respiro ancora, sai, nell'aria



La Sicilia è anche questo: sole, cielo limpido, mare azzurro e tranquillo a pochi giorni da Natale.
Mi sono lasciata un po' andare ultimamente. E' tornata l'insonnia e alle cinque del mattino quel bastardo di Morfeo ancora non si è visto. Poi finalmente arriva e mi dona sogni su Mister X. Ri bastardo.
Mi sono riavvicinata a degli amici simpatici e con loro all'alcool. Ma quanto sono allegra da sbronza, che gioia.
Ho comprato cinque libri in una settimana, pur avendo almeno trenta libri non ancora letti, pur non avendo concentrazione o voglia di leggere.
Secondo wikipedia ho un disturbo ossessivo-compulsivo e un principio di bipolarismo. Che schifo. Che gioia. Vaffanculo. Vabbè, ridiamoci sopra. Che sarà vero? Mhm, c'è speranza.
Ma poi guardo fuori, fa freddo, sto gelando (che genio, sono scalza!) e c'è il sole. Vado a fare un giro in auto, sola, musica a palla. Tranquillità assoluta.
Al lungomare non ci sono più quelle grandi e bellissime palme ormai da un paio di anni, ma cazzo quanto è bello il mio lungomare.

mercoledì 11 dicembre 2013

Zombie e Cotechino.

Questa è la storia di una coppia di fidanzati, Zombie e Cotechino. Zombie era un ragazzo alto, magro, all'apparenza un normale ragazzo, ma il suo status di non-morto era tradito dagli occhi: vi si leggeva nei bulbi oculari il vuoto cosmico. Anche la sua camminata non era delle migliori, così lenta e ciondolante da rischiare di auto-infliggersi uno sgambetto. Per sua fortuna, la sua fidanzata Cotechino era quel che in siciliano definiremmo un coccio di foco (una goccia di fuoco): un'unica fibra attiva e vitale dalle energie infinite di centoventi chili costretti e mal tenuti insieme da vestiti di taglia XS.
Un giorno, passeggiando mano nella mano per la città, i due si soffermano nell'atrio di una gioielleria. Cotechino, affascinata e desiderosa di nuovi ninnoli, trascina l'indifeso Zombie da un lato all'altro squittendo "Amore guarda questo! Amore, guarda che bello quello!" e senza farci caso, talmente presa da quelle visioni luccicose, pesta la punta bianca e immacolata di una All Star ai piedi di una nana scapigliata, lasciandoci sopra una macchia brunastra. La rissa, della quale la coppia non ha neanche il sospetto, viene percepita e assopita in fretta dalla Genitrice della nana, la quale (avendo dimenticato a casa i suoi occhiali) chiede alla nana di leggere per lei il costo di un anello.
Scoprono così che quell'anello, in pratica un sottile filo argenteo con una pietra trasparente che si nota a stento, costa 2500 €. La nana scapigliata ha un mezzo colpo apoplettico, apre bocca per esprimere la sorpresa e il disappunto e la Genitrice provvede a spiegarle con calma "Costa tanto perché è un anello di fidanzamento". Al che la nana replica, a voce alta:
Meno male che sono single, così risparmia almeno un povero pollo!

In seguito a tale affermazione, Zombie si volta e la nana scapigliata avrebbe potuto giurare di aver visto un soffio di vita negli occhi del ragazzo.



DISCLAIMER! Nessun essere vivente è stato maltrattato o privato dei suoi diritti per realizzare questo post.
La mia All Star macchiata non è affatto d'accordo.