Era da tempo immemore che non deliravo in questo mio angolino. Ma ho questa spinta incontrollabile che pretende che io scriva qualche fesseria senza senso mia impressione su Misery, di Stephen King.
Non so bene cosa mi aspettassi da questo libro, visto che ho letto L'incendiaria di King e non mi era piaciuto; fondamentalmente ho riscontrato gli stessi intoppi, c'è qualcosa nel suo stile narrativo che non mi convince. Per esempio, la scelta di parole poco usate nella vita di tutti i giorni (e qualcuna ammetto di averla dovuta cercare nel vocabolario) e la tendenza ai salti temporali mi fanno perdere il ritmo della lettura, spezzano la concentrazione. Per qualche strano processo mentale, la mia anima lettrice divide in due parti Misery. La prima parte, circa duecento pagine (di quasi quattrocento complessive), raccontano i terribili momenti dello scrittore Paul Sheldon dal giorno del suo incidente automobilistico al giorno in cui si sveglia a casa di Annie Wilkes, che si dichiara la sua "ammiratrice numero uno", e inizia la sua lunga e travagliata convalescenza. La donna, ex infermiera con un oscuro passato e una sanità mentale per niente raccomandabile, lo cura (all'incirca) e lo fa diventare dipendente da un farmaco, il tutto perché lo scrittore aveva concluso la sua saga uccidendo la protagonista e lei, sfruttando le sue precarie condizioni fisiche, lo costringe a resuscitare Misery e a scrivere per lei.
Ora, essere rapiti e tenuti in ostaggio da una squilibrata con il complesso dell'angelo della giustizia è senza dubbio una cosa orribile che non augurerei a nessuno, neanche al mio peggior nemico; ma, non so come, in questa parte non riesco a sentire brividi o inquietudine, è addirittura noioso. Una pesantezza spossante. Così pesante che ora non posso fare a meno di usare quintali di aggettivi e avverbi. L'unico episodio che mi ha mandato il cuore in gola in questa parte è stato quando Annie lo costringe a bruciare l'unica copia del suo inedito manoscritto. Fosse bruciata l'unica copia di un mio immeritevole ma lodevole manoscritto come minimo mi sarebbe venuto un infarto. E probabilmente non avrei avuto accesso alla seconda parte, fine dei giochi.
Nella seconda parte cambia qualcosa. Non vorrei dire troppo quindi mi limito a questo: Annie uccide un giovane poliziotto e amputa un piede e un pollice allo scrittore, tutto con tanti di quei dettagli sanguinosi e violenti da sfociare quasi nello splatter. Ho rischiato fortemente di vomitare; anche solo ripensarci mi sale la nausea. Già non riuscivo più a guardare un'ascia senza avere i brividi dopo aver visto Jack Nicholson in Shining, ora non voglio immaginare quanto sia degenerata... Grazie infinite, Mr. King!
Le ultime pagine sono angoscia pura, lei resa sempre più instabile e imprevedibile dalla pressione dovuta alla vicinanza della polizia, lui che finisce il libro in vista di chiudere i conti con la sua carceriera in un faccia a faccia che, in un modo o nell'altro e lui lo sa, avrà come esito la vita di almeno uno di loro.
Alla fine fuoco e fiamme, e fine.
Alleluia.
In sostanza, non so se mi sia piaciuto davvero oppure no e probabilmente non lo voglio neanche sapere.
Libro consigliato a chi ha tanta pazienza e lo stomaco forte.
Andate in pace, miei prodi!