sabato 16 febbraio 2013

La colpa è della fatalità!

Pare proprio che per terminare la lettura di questo libro dovessi prendermi la febbre; di certo non posso che lanciarmi nelle mie amare conclusioni onde avvertire gente che, come me, si ritrova con l'insano pensiero di leggere questo "classico". Della serie "a volte tornano", con il sottotitolo implicito ed era meglio di no, il mio "angolo libro".
Il libro che ha popolato i miei incubi è Madame Bovary, di Gustave Flaubert.
Ho impiegato la bellezza di tre mesi per leggere un libro che neanche arriva a quattrocento pagine ed è un tempo indecente, se si considera che lessi la trilogia Millennium due volte di seguito in meno di due mesi. L'ultima volta che ci misi così tanto a finire un libro (rigorosamente non scolastico) si trattava di Mitzi, un romanzo di Delly (che manco a caso, sono tutti francesi); ma all'epoca era estate e avevo dodici anni. Sicché.
Che dire di questo romanzo? Le descrizioni dei luoghi, delle persone (da come sono vestiti pezzo per pezzo alle minuziose caratteristiche fisiche, passando per abitudini e carattere), dei pensieri, del tempo, di qualunque cosa vi venga in mente, sono talmente precise e accurate da dare la nausea, non c'è assolutamente nulla lasciato all'immaginazione del lettore. Ogni crepa su ogni muro, ogni acaro su un mobile, ogni piega di un vestito, ogni pianta in qualunque giardino del vicinato... è tutto descritto. Insomma, mi sono sentita una stalker.
Ma andiamo a vedere i due coniugi Bovary, che uno li guarda e pensa "Dio li fa e poi l'accoppia. Oppure li accoppa?". Il signor Carlo Bovary è sostanzialmente un idiota. Mi fa quasi tenerezza (quasi) e presto capirete il perché. Lui è un dottore sempliciotto che avrebbe fatto meglio a fare il contadino in una fattoria isolata da qualunque contatto con la società; è talmente buono e sprovveduto da sconfinare nella pura stupidità. Uno così con chi dovrebbe accoppiarsi? La prima moglie mente sul suo reddito (che in fondo l'aveva sposata perché i genitori lo convinsero che aveva denaro sufficiente) e muore; lui è così buono che, nonostante gli desse il tormento, gli dispiace. E tanto poi si consola subito innamorandosi della figlia di un suo paziente, la bella Emma. All' inizio tanto buona e pudica, la ragazza si crede innamorata, salvo poi capire (e questo praticamente nell'arco di tempo che va dalla cerimonia del matrimonio all'arrivo alla nuova casa, senza passare per il viaggio di nozze) che lei non lo ama affatto, anzi la annoia, le fa pure un certo ribrezzo. Lei sogna i grandi amori e le passioni sfrenate lette nei romanzi, ne sarà ossessionata per tutto il libro e non raggiungerà mai un minimo di soddisfazione, sempre alla ricerca di qualcosa di più grande (niente battute maliziose, vi prego).
Lei, la signora Bovary, è egoista, capricciosa, volubile, manca di sensibilità (persino con la figlia), di empatia e di tatto; quel poveretto la adora, si fa maltrattare e la ama imperturbabile, mentre lei lo indebita (senza la minima, lontana preoccupazione) per spassarsela con l'amante di turno: o Rodolfo, il classico Casanova affascinante, o con il romantico e mite Leone. Ma lei è così rompicoglioni che la mollano tutti. Tranne lui, il marito-zerbino.
Lei è talmente egoista che bisognerebbe inventare una parola per poterla descrivere con la dovuta forza.
L'ho davvero odiata. Ma mi va di fare qualche citazione:

Emma Bovary e il futuro amante Rodolfo:
-Tristi distrazioni, perché non vi si trova la felicità.
-Ma si può trovarla mai?- domandò lei.
-Sì, la si può incontrare, un giorno [...] la si incontra un giorno- ripeté Rodolfo -Un giorno, d'un tratto, e quando meno si sperava. Allora si aprono degli orizzonti, ed è come se una voce gridasse "eccola!". Si sente il bisogno di confidare a quella persona tutta la nostra vita, di darle tutto, di sacrificarle tutto! Non c'è bisogno di spiegarsi, ci si indovina. Ci si è intravisti nei sogni- e così dicendo la guardava -Finalmente, eccolo quel tesoro tanto cercato, eccolo davanti a noi: brilla, scintilla. Pure si dubita ancora, non si osa credere; si resta abbagliati come se si uscisse dalle tenebre alla luce.

Su questo pezzo ho da dire un paio di cose. Innanzitutto, mi faccio due grosse risate sul fatto che lui le dica che viene voglia di sacrificare tutto alla persona amata. Se ci pensate, è ironico che uno che dica così, che dica di amarla, poi sia anche uno che al primo traguardo la molla perché si crede giovane, e chi glielo fa fare di prendersi una tipa che è madre? Grande amore, eh!
Altra cosa, in questo pezzo (di un romantico che non si trova quasi mai nel romanzo) c'è tutto il concetto dell'ideale dell'amore. Per secoli ci hanno inculcato l'idea che il vero amore debba essere così: tutto rose e fiori, e trottolino-amoroso-e-dududù-dadadà, ti guardo e vedo l'universo, mi tocchi e sono sulle stelle, tu mi scrivi poemi in versi ed io ti mostro cos'ho sotto i vestiti. Ed è ancora un ideale largamente condiviso, spacciato per verità indissolubile. Secondo me è solo un modo per controllarci, un modo per farci sentire "sbagliate", delle "poco di buono". Ma tant'è che a molte non gliene frega più niente di 'sti pregiudizi della società.


Due foto, che mi annoia copiare.

Da notare quanto sia simpatica la signora con il suo amato... Mi si può perdonare di non saper fotografare

Alla fine: lei è indebitata fino al collo e anche più, tutti i suoi beni sono pignorati e l'esattore è alle porte, praticamente tutti le negano proroghe e prestiti, va a chiedere aiuto ad un procuratore e, indignata e oltraggiata, rifiuta di vendersi a lui, ma poi torna da Rodolfo (mentre in teoria sta ancora con Leone) e lui, mica cretino, non le crede quando gli dice di amarlo ancora, mentre lei non capisce quanto sia simile la proposta del procuratore con l'offrire se stessa all'ex.
A questo punto, cosa sceglie di fare la poverina? Dire finalmente al marito che sono sul lastrico? GIAMMAI! Si avvelena e sul letto di morte, mentre il signor Bovary si dispera, capisce -sorpresa sorpresa- che l'unico uomo che l'abbia davvero amata è quel disgraziato di suo marito.


Ma non è finita qui! Lei muore e lui quasi impazzisce dal dolore, continuando a dimostrare il suo livello intellettivo: pur essendo pieno di debiti, continua a pensare alle cose che sarebbero piaciute alla moglie, così le organizza un funerale costoso, si compra scarpe e cianfrusaglie costose, vende le sue cose e fa altri debiti. Cioè, lei è morta e sepolta e continua a rovinargli la vita.
D'ora in poi le barzellette sulle mogli che assillano i mariti anche dall'aldilà non mi faranno ridere mai più.

E per dare il colpo di grazia al mio già fragile interesse, Bovary trova la lettera con cui Rodolfo la lasciò e, UDITE UDITE, crede ancora che fossero solo dei cari amici. Passa il tempo, finalmente inizia ad indagare e trova le lettere d'amore sia di Leone che di Rodolfo. Il primo si era appena sposato, il secondo lo va a cercare. Il libro si conclude con una scena penosa: il cornuto e il cornificatore seduti allo stesso tavolo, bevono insieme e lui, dopo alcune riflessioni, confessa di non serbare rancore.
Cioè, non solo non ha capito niente dei tradimenti della moglie, ma lo perdona così, senza nemmeno dargli un pugno in faccia, senza nemmeno sputargli in un occhio o ricoprirlo di parolacce. E poi se ne esce con una frase che esprime al massimo la sua personalità: se sua moglie lo ha tradito, se lei si è avvelenata, la colpa è della fatalità.
No, dico và: LA COLPA E' DELLA FATALITA'.
Boh. Ditemi voi.

Pensavo di trovare un libro che descrivesse la vita di quel tempo in Francia, invece ho trovato... uhm, in effetti non lo so ancora cosa ci ho trovato. Se mi è venuta l'infelice idea di leggere questo romanzo la colpa è della fatalità.
Lascio questa sede con un appello: se capitasse qui qualcuno che ha letto Madame Bovary e che lo ha apprezzato, per favore spiegatemi perché vi è piaciuto. Voglio capire.
Se non ho capito è colpa della fatalità.

4 commenti:

  1. Mia moglie amette che anche lei la prima volta che ha letto Madame Bovary non le è piaciuto. Ma poi con gli anni l'ha rivalutato. Prova ne sia che si ritrova a doverlo citare spessissimo. Chissà...?

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    1. Non potrei mai buttare un libro, quindi è possibile che io lo riprenda tra un po' di anni

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  2. L'ho letto due estati fa, credo.
    E niente. A me ha fatto schifo. E anche se non butto di certo il libro ( per fortuna mi costò solo un euro!) non penso proprio che lo rileggero'. Meglio altro.

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    1. Non credo che avrei avuto ancora fiducia nel mercatino dell'usato dove vado di solito, se mi avesse fatto spendere più di due euro.
      Almeno ha una bella copertina.

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