giovedì 5 gennaio 2012

Le disavventure non vanno in vacanza. Mai.

Sono sopravvissuta a cene e pranzi festivi in cui avrebbero potuto mangiare almeno il triplo dei presenti, il tutto con un numero indefinito di chili che presto saranno rotoletti di ciccia (e non venitemi a parlare di “maniglie dell’ amore”). Posso dire addio al mio peso forma. Ma altre cose non sono proprio andate per il verso giusto: prima di tutto, Michael Bublé ha pubblicato un nuovo disco. Chiamatemi ignorante ma la verità è che l’ho scoperto ieri e non ho scuse. Anche se il tono della sua voce da le vertigini da quanto è bello (al punto che non me ne frega nulla di quello che dice), le cose sono cambiate. È un cd natalizio. Cioè, un intero album dedicato alle classiche canzoni di Natale.

Visto che non scherzavo?
Non ho nulla contro il Natale o la religione o chissà che altro. Solo che dopo tre secondi le mie orecchie già gridano pietà. Ma forse, e sottolineo forse, posso perdonare mr. Bublé...

Miseriaccia, a chi la do a bere?! L’ ho già perdonato!

La lista non è finita qui. Siete mai stati al supermercato alle 19.20 della vigilia di Natale, con i bigodini tra i capelli, la maglietta del pigiama sopravvissuta alla corsa clandestina e i parenti che dovrebbero essere in casa vostra da lì a dieci minuti? Ebbene, è il caos pre-apocalittico. Se non lo sapevate, sapevatelo.
Credi di essere l’ unica idiota che ha dimenticato a tempo debito di comprare il Parmigiano e che a quasi ventuno anni si fa sgridare dalla madre, la quale è isterica per i fatti suoi visto che cucina dalle otto del giorno prima per tutta la truppa (sono una pigrona che prende l’ influenza a giorni alterni, fatemi causa per questo). Il risultato è il seguente: via il pigiame e in groppa all’ auto, pregando di non dover girare mezza città in cerca di un pezzo di formaggio. Arrivo al supermercato e mi chiedo se per caso non ho sbagliato posto. Il tranquillo e ridente supermercato che conosco bene non c’è. Essì, mi pareva di essere entrata in una dimensione parallela: banconi vuoti, persone che puliscono corridoi che mai avevo visto tanto pieni di orme e acquirenti dell’ ultimo minuto che corrono tra le corsie con aria quasi assente o prossima alla disperazione al posto dei banconi sempre colmi e in perfetto ordine, i pavimenti sui quali ci si può specchiare e la gente sempre affabile e tranquilla che vi si trova sempre, a qualunque ora del giorno. Tranne la fatidica vigilia di Natale. Temevo che qualcuno mi tranciasse una mano per accaparrarsi l’ ultima confezione di formaggio. Preso quest’ ultimo, tiro un sospiro di sollievo e mi dirigo alla cassa con tutta calma, pensando che tanto c’è la fila e io ho dimenticato di respirare dal primo contatto con il freddo clima. Mi guardo in giro con fare circospetto, tra un corridoio pieno di persone di corsa che fanno l’ autoscontro e un altro deserto quanto L' alba dei morti viventi. E inquietante uguale. Non c’era manco la radio in sottofondo, che spegnerla è l’ ultima cosa che fanno prima di chiudere. E lì mi parte la riflessione: crisi o non crisi è indifferente, ma perché tutta st’ abbondanza? Perché mettere in tavola una quantità industriale di cibo quando sai che la capienza totale degli stomaci dei presenti non può contenere il tutto? Va bene che certe cose si possono mettere in freezer e tirarle fuori nel corso di un paio di settimane. Va bene anche se vuoi pavoneggiarti un poco e chiedere “Vi piace, eh?” sapendo che la risposta è un sì. Va bene se ne approfitti per cucinare e mangiare roba elaborata e piena di calorie che non si ingeriscono da molto tempo. Va bene. Se compri il pesce dal pescatore famoso e la frutta dal solito fruttivendolo è il massimo, se poi anche la maionese è casalinga siamo proprio sulla soglia di un sogno. Passando vicino al bancone dei surgelati mi soffermo a guardare alcune confezioni con cibi precotti e surgelati tipo gamberetti grossi come la mia mano su un letto di maionese stranamente rosa e salmone proveniente da chissà quale posto sperduto tra i ghiacciai (o per lo meno quello che ne resta) dal nome impronunciabile, più altra roba sospetta. Scuoto la testa e vado avanti. Proprio mentre mi dilungo mentalmente sulle possibilità d’ essere di quella roba, un signore mi invita gentilmente a passargli avanti nonostante la cassiera abbia perso innumerevole tempo con un cliente, fosse tarda ora e lui avesse il carrello colmo. Ringrazio e sorrido persino, e penso che forse sono troppo cinica.

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Chiedete e vi sarà dato. Forse.