Qualche giorno fa sono stata ad Alcamo con il mio ragazzo per un colloquio che chissà cosa porterà, SE porterà qualcosa. Questo piccolo viaggio mi ha riportata alla serenità, o ad una parvenza di essa, mi sono ritrovata a sorridere e a fare pace con il mio Fantozzi-Interiore. Insomma, bella compagnia, bella musica e bello sfondo in autostrada. Una canzone che non ascoltavo da un po' di tempo è stata un interruttore. (One-X, dall'album omonimo del 2006, del gruppo canadese Three days grace)
Do you think about everything you've been through?
You never thought you'd be so depressed
Are you wondering: is it life or death?
Do you think that there's no one like you?
(...) WE ARE ONE
WE ARE THE ONCE
WE GET KNOCKED DOWN
WE GET BACK UP AND STAND ABOVE THE CROWD
The life I think about is so much better than this
I never thought I'd be stuck in this mess
I'M SICK OF WONDERING: IS IT LIFE OR DEATH?
I need to figure out who's behind me.
Pensi mai a tutto ciò che hai passato? Non avresti mai immaginato che saresti stato così depresso. Ti stai chiedendo: è vivere o morire? Pensi che non ci sia nessun altro come te? Noi siamo unici. Noi siamo gli unici. Veniamo abbattuti, noi torniamo in piedi e stiamo sopra la folla. La vita a cui penso è molto meglio di questa. Non avrei mai immaginato di rimanere bloccato in questo casino. Sono stanco di chiedermi se questa è vita o morte. Ho bisogno di scoprire chi c'è dietro di me.
Forse la mia traduzione è imprecisa, ma l'ho sempre immaginata così e descrive i miei pensieri alla perfezione: da piccola mai avrei immaginato di essere così confusa, indecisa, abulica, inconcludente. A volte pensavo anche che non sarei arrivata all'età attuale, quindi perché preoccuparsi? Da adolescente il solito cliché: pensavo che incasinata come me non ce ne fossero, che le mie difficoltà fossero appunto solo mie, che nessun altro si sentisse così diverso, atipico. Ad ogni difficoltà reale ho creduto di non farcela eppure sono qui, più forte di prima. E c'è un momento magico dopo aver fatto bene qualcosa di complicato, un momento in cui ci si sente invincibili, al di sopra della persona mediocre, SOPRA LA FOLLA. Poi tutto si ristabilizza al solito livello, dopo scende, sprofonda e ci si chiede chissà se sono già morto oppure non so di vivere... E si ricomincia.
Ma smetto di divagare.
Dicevo, ho momentaneamente fatto pace con me stessa, ho accettato i miei casini interiori pronta a vedere il mondo e a compiacermene. Alcamo è una piccola città, per alcuni versi simili a Sciacca, per altri simili a Erice: le vie sono un continuo sali e scendi. Ora sei a livello del mare, un chilometro dopo stai molto più in alto, ora sei in città tra costruzioni moderne e altre in pietra, antiche, poi sbagli strada e in cinque minuti sei in aperta campagna, tra le colline.
La visuale ripaga:
Devo ammettere che vedere il mare da così lontano è sì molto bello e affascinante, ma per me (che sono nata e cresciuta nell'aria marina) mi ha dato anche un po' di ansia. Non sono per niente una ragazza di città! Dopo siamo anche andati a Castellammare del Golfo, da un promontorio si vedeva il porto, il castello e l'acqua di un blu così vivo e brillante da sembrare un quadro impressionista francese. Qualcosa di paradisiaco, insomma. Mi sono persino ritrovata a dire (dopo che l'oscurità delle settimane scorse mi ha fatto pensare peste e corna) che siamo fortunati a essere siciliani, a vivere tra queste meraviglie... non potevamo avere anche la fortuna di saperci governare bene. Sarebbe stata troppa grazia da chiedere a Madre Natura.
Ad Alcamo in centro c'è pure una piccola riserva con degli animali, alla quale si accede da un cancello e questa scalinata a sinistra, si arriva ad un laghetto (di cui in basso) dove abbiamo avvistato due piccole rane e una tartaruga dallo sguardo arcigno (che mi sarei aspettata di veder mostrare il dito medio, se lo avesse avuto) e più in là alcuni animali, tra cui un asino che ci si è avvicinato appena ci ha visti. Adorabile.
Forse tanto adorabile perché non ne avevo mai visto uno e per via di una foto che ho fatto mentre il mio ragazzo gli accarezzava il muso.
Ad Alcamo abbiamo anche pranzato. La tavola calda non era gran che, ma i dolci... oh, i dolci erano da bava alla bocca per la bontà! Ma il vero tasto dolente è stato il bagno. Da paura. Quindi rendo omaggio all'arte della Cessologia. Subito saltava agli occhi la bocchetta dello scolo dell'acqua a pochi millimetri dal wc, il quale si trovava in una angusta stanzetta dove per entrarci bisognava fare le torsioni tra muro, porta e asciugamano elettrico (il bastardo mi ha fatto saltare in aria tre volte, il maledetto sembrava azionarsi da solo). Per capire le dimensioni: l'unico modo per stare a braccia distese tipo in croce bisognava mettersi di traverso e comunque si toccavano le pareti. Non è finita qui, non era abbastanza squallido: il lavandino di marmo poteva anche essere carino, ma il rubinetto dovevano metterlo per forza così corto da non riuscire a lavarsi le mani senza toccare il medesimo? Un bar così carino nasconde un brutto segreto al suo interno...
Ah, e dal wc sentivo lavare i piatti nella stanza accanto perciò un dubbio mi ha assalita: quelli che lavano e cucinano ascoltano le persone nel bagno? Che duro lavoro.