lunedì 6 marzo 2017

Passare dalle "mangiate" alla palestra. Tratto da una storia vera e triste.

Innanzi tutto si parte da un preciso evento, dal quale scaturisce un'idea persistente.
Mettiamo caso che a San Valentino il tuo fidanzato, a conoscenza della tua passione per fritti misti, pizza e dolci, prenda la brillante decisione di portarti in pizzeria con la misera scusante di una festicciola qualunque. Lui ti invita, ti sorprende con un regalo (anche se i patti prevedevano di presentarsi di "panza e presenza", ovvero senza doni ma con la fame in corpo) e ti fa quel sorriso che, mannaggia al diavolo, quando lo fa non capisci più niente e sei senza scampo. Per cui quel giorno mi sono ritrovata ad abbuffarmi (come se Natale, Capodanno e Compleanno non fossero stati sufficienti) e una piccola, subdola idea ha cominciato a manifestarsi in me.
Forse è il caso che mi iscrivo in palestra, o cene come questa le digerirò dopo una settimana.
Ma per un breve periodo ho resistito alla tentazione, con l'aggiunta dell'entusiasmo del Mezzo-Ingegnere che pensava stavolta di convincermi ad andare con lui al mattatoio in palestra.
Come se questo pensiero non fosse già di per sé disturbante, quella sera mi sento costretta ad usufruire del bagno. Per trovarlo ci vuole una mappa e a nulla sono valse le informazioni del mio Mezzo-Ingegnere, che ne aveva dovuto usufruire prima di me, poiché il bagno dei maschietti si trova all'estrema destra della pizzeria mentre quello delle donne si trova all'estrema sinistra, per altro dietro un pannello di legno situato alle spalle del bancone. Per cui non solo ho dovuto far fronte alla naturale repellenza che mi procura l'andare in un bagno pubblico, ho dovuto far fronte alla sensazione di smarrimento e scazzamento (perché deve essere così complicato una cosa così semplice come fare pipì?!) e anche al sentimento di sentirmi un'intrusa, come se mi stessi intrufolando di straforo nelle zone destinate solo ai banconisti. Purtroppo la sequenza di spiacevoli sensazioni non finisce qui. Non era abbastanza disagio, quindi hanno pensato bene di fare l'anticamera enorme, con due lavandini separati ma un solo rubinetto presente, mentre il bagno vero e proprio è uno sgabuzzino di tre metri per due di forma trapezoidale. E ciliegina sulla torta, piastrelle asfissianti ovunque: destra, sinistra, intorno alla porta, sopra e sotto (solo il tetto si è miracolosamente salvato).








Ritrovarsi circondati da tutti questi quadratini in uno spazio angusto è stato traumatico.
Un bugigattolo che può essere eletto il peggior incubo d'un claustrofobico che soffre il mal di male.









Passati questi terribili attimi, la serata è andata abbastanza liscia. Ma quell'idea di fare esercizio fisico ha messo radici, nonostante la mia convinzione (che confermo tutt'ora) che è assurdo pagare degli estranei per farsi torturare in una palestra, buttar giù sudore e farsi increspare ancora di più dei riccioli già abbastanza capricciosi. Comunque resisto all'idea e procedo con la vita di tutti i giorni.
E poi all'improvviso giunge un invito. Il caro amico suggerisce allegramente l'idea del ristorante cinese all you can eat. E tu che fai, dici di no all'amico con cui uscivi assiduamente e che ora vedi di tanto in tanto perché si è trasferito a centocinquanta km di distanza? Dici di no a tutto quel buon pesce e ai loro deliziosi amici crostacei?
Non c'ho avuto il cuore di dire no. Anche perché era da dicembre che ne parlavo con il Mezzo-Ingegnere mia metà.
Risultato? Ho mangiato più di tutti i presenti e ho rotolato per due giorni ancora sazia e panzolla.
Mezzo-Ingegnere coglie allora la palla al balzo: perché non ti iscrivi in palestra dove vado io? chiede, Ti aiuto con gli esercizi, ci andiamo due volte a settimana, che sarà mai... tra l'altro c'è un promozione, se ti iscrivi entro tot data costa di meno per un anno!
Insomma, per chi e per come, mi sono ritrovata iscritta e pure all'opera nella stessa ora.
Mi faccio coraggio, quei pantaloncini aderenti mi stanno bene nonostante le cosciotte e mi fanno pure un culo che caspita, manco sapevo di avercelo!
Iniziamo con il correre sul tapis roulant. Seguo le istruzioni e cammino per tre minuti, e fin qui tutto bene. Poi mi dice Aumenta la velocità così e corri. Mentalmente mi faccio gli auguri e spero per il meglio, obbedendo.

Dopo 3 minuti di corsa ho già le visioni mistiche alla Fantozzi, ma a me non si manifesta l'arcangelo Gabriele, bensì RAFFAELLA CARRA' in uno sfavillante vestito di paillettes che mi indica con una leggiadra mano mentre l'altra la appoggia delicatamente al suo petto. E a quel punto mi sorride e si mette a cantare SCOPPIA SCOPPIA MI SCO'! SCOPPIA SCOPPIA MI SCOPPIA IL CUOR!

E a quel punto una cosa mi è chiara: nessuno sarà mai figa quanto la Carrà. Carrà maestra di vita!

La storia vera e triste si conclude qua. Nel senso che quel giorno è stato ricoperto da una coltre nebulosa e non ricordo altro, il giorno seguente è stato meno traumatico e poi il ciclo mi ha salvata.
E qui ci sta una bella torsione all'indietro degno della Carrà che ingiuria quelli "da Trieste in su", ma tanto l'importante è farlo sempre e con chi hai voglia tu.


 
PS: Invito a fermarsi sulle parole, che magari lo sbrilluccichio distrae, secondo me si possono interpretare in modi diversi:
Se lui ti porta su un letto vuoto
il vuoto daglielo indietro a lui
fagli vedere che non è un gioco
fagli capire quello che vuoi
(...)
E se si attacca col sentimento
portalo in fondo ad un cielo blu
le sue paure di quel momento
le fai scoppiare soltanto tu