lunedì 31 marzo 2014

Noi fuori. Ma dentro musica.

Io sono fuori.
Fuori linea, fuori riga. Io confesso l'ovvia verità: sono incapace di relazionarmi e integrarmi a certa gente (un buon 90%), sono fuori dal sociale.

Sono fuori tema.

Ogni giorno sono diversa.
Sabato sera in pieno centro ero fuori dalla logica, dalla razionalità, dalle serietà. Ho tirato fuori tante di quelle battute idiote che non facevo altro che ridere. Ridere forte, talmente forte da dolere la gola, come ubriaca. Ubriaca di vita.
Ho abbracciato tanto un amico che non vedevo da un po' di tempo, e lui ha abbracciato me. Me, che rigetto i contatti fisici. Io, che ogni giorno rinasco e muoio, solo per ricominciare il circolo.

Di solito la diffidenza mi fa da padrona, a volte maschero con la tranquillità i moti nervosi del mio cervello (ma non quello del piede, che tanto sotto la scrivania mica si vede che suono un tamburo immaginario col piede); a volte è semplice pigrizia. Fuori aspettative, fuori programmazione.

Ci sono giorni che "la mia vecchietta interiore", come la chiamava una mia amica, emerge e mi sommerge; in quei giorni sono ottimista e leggera come Nietzsche e Schopenhauer mixati insieme. Ma io sono fuori gara.

Se non fossi stata così esausta (fuori forma) avrei dialogato con il vecchietto che si è avvicinato al mio gruppo facendoci giochi di prestigio con un filo di spago. Incantata a guardare quelle mani affusolate e segnate di vene scure muoversi con grazia, a volte rapido, a volte dolcemente lento. Un signore dalla mente ancora acuta e veloce, con una proprietà di linguaggio che non ho; lui era così vitale e incantevole, e io così stanca da non ribattere neanche quando disse che le donne sono causa di guerre almeno in maggioranza. Intanto le guerre le combattono soprattutto gli uomini, ma non posso negare la storia del mondo (o quello che ci fanno credere che sia la storia del mondo). E non posso negare che i peggiori litigi a cui ho preso parte, o che ho semplicemente visto o ascoltato, siano stati causati principalmente da donne. Quanto sarebbe bello credere che ci sia un Dio, un'entità perfetta che punisce i maligni e premia i buoni; com'era bello ascoltarlo citare la Bibbia con quella sua voce limpida. Lui era magia, io fuori spettacolo.

La joie de vivre a volte si fa un concetto astratto indefinibile, per me. Sono fuori sincrono, fuori fase.
A volte (quasi sempre, perché fingo con degli sconosciuti che non mi vedono?) penso troppo. Demolisco idee, progetti, parole, pazienza, balle. Penso alle cose che avrei potuto fare SE, le cose che avrei potuto, ciò che avrei potuto essere. Penso a tutte le volte che i miei sforzi mi hanno solo demolito. E mi dico che no, non vale la pena alzare una statua di marmo se poi si sbriciola con un pugno, per ritrovarmi seduta sopra la cenere delle macerie e pensare "avrei dovuto prevedere; avrei dovuto fare altro o non fare niente, risparmiare energie". Sono, per citare una canzone, "fuori dalle grandi speranze e dai loro ingranaggi". "Siamo l'acqua sprecata ai confini dei deserti".
Sono fuori dagli schemi, campata in aria con un peso sulla schiena.

Sono semplicemente fuori, ma se ascolto questa canzone non piove sulla mia testa.



Noi fuori dalle loro speranze dai loro ingranaggi
Noi fuori dalle radio, dalle spiagge, dalle vacche grasse
Fuori dai cortei, dalla burocrazia, fuori dalle fabbriche, dai musei
E' dall'alto che ci dividono, è là in alto che inventano il pericolo

Noi fuori dai campi dell'orgoglio, dall'ansia di medaglie
Noi fuori siamo l'acqua sprecata ai confini dei deserti
Fuori dai cortei, dalla burocrazia, fuori dalle fabbriche e dai musei
E' dall'alto che ci sparpagliano, è là in alto che inventano il pericolo

Noi fuori dalle radio, dai minuti di silenzio, dai conteggi, dal consenso, dai sondaggi,
dalle scuole di nostro signore, dalle aiuole, dai cantieri
Noi fuori non sappiamo cosa fare
Fuori dai cortei contro la geografia, fuori dalle chiese dentro i formicai
E' dall'alto che ci dividono è là in alto che inventano il pericolo

Noi fuori dalle liste, dai concorsi, dalle carte, dalle curve
dai discorsi, dalle rotte, dalle risse, dalle caste
dalle eclissi, dai teatri, dalle aste, dai contagi, dalla peste
dallo sfarzo e dalla miseria, dalle feste con le droghe serie
dai concerti con le sedie, dai solarium, dai cortili con i pavoni
dalle danze, dai condoni, da Manzoni e da Mameli
dalle condizioni dei finanziamenti, dai cimeli della brava gente
dai congressi, dalle mance, dai sondaggi di opinione, dagli asili e dalle pensioni

Noi fuori non sappiamo cosa fare.

[Ministri, Noi fuori, album Fuori, del 2010]

mercoledì 26 marzo 2014

The Listography Project pt. 12: my crushes.

Ero abbastanza combattuta se fare o no questa lista, data la sfiga che mi ha sempre accompagnata. Se sono così sfigata da mettere una maglietta nell'unico giorno del mese a necessitare almeno una felpa, se sono così sfigata da beccare l'unica Ape originale degli anni settanta quando sono in fottuto ritardo, se sono così sfigata che manco ve lo dico, insomma, perché non avrei dovuto esserlo anche in ambito amoroso? Ecco, infatti. Infatti ogni mia cotta è finita a male. Poi dicono che essere asociali è una brutta cosa. Sono asociale, non sociopatica; c'è differenza. Comunque, non siamo qui per disquisire di psicosi e casi psichiatrici. Dopo la quinta puntata della seconda stagione di American Horror story non ho più certezze. Datemi un fazzoletto, sniff.
Ma come diceva una canzone:

M'importa poco, io oggi vado al centro commerciale
e il mio problema è solo dove parcheggiare.
Ohoo ohoo, ma a me non me ne frega tanto
Ohoo ohoo, io sono un italiano e canto
E datemi Fiorello e Panariello alla tv
Sono un italiano medio, nel blu dipinto di blu.

(Articolo 31, L'italiano medio, dall'album "Italiano medio" del 2003). Ora che ho dimostrato il mio stato d'animo faccio un riassunto, ché non me la sento di ciarlare su 'ste beghe.


The Life In A Year


G. e F. : rispettivamente i più gettonati alle elementari e alle medie. Non solo ero amica di entrambi, ma F. si era messo insieme alla mia migliore amica dell'epoca.

M. : il mio primo fidanzatino. Quello del primo bacio, praticamente. Mi ha mollata perché mi rifiutai di andare a casa sua quando lui era malato. La presi con filosofia: non mi vuoi? Ciao!

Sconosciuto: a tutte le donzelle sarà capitato di restare affascinate da uno sconosciuto che prende il tuo stesso autobus per andare a scuola. Per un paio di mesi mi sono limitata a scrutarlo da lontano, giusto la mattina che avevo deciso di parlargli BAM. L'ho beccato con una che gli stava incollata addosso.

D. : mi piaceva un sacco, lui. Dopo alcune uscite in gruppo e qualche chiacchierata ho scoperto che ci provava con me per infastidire la sua ex, le aveva anche raccontato che gliel'avevo data (abissale bugia, a meno che non l'abbia sognato). Altro che "super sweet sixteen". Da allora non ho la cotta facile e tutti quelli che si chiamano come lui mi fanno antipatia a pelle.

L. : e la sfiga continua. Mi piaceva e poi si è messo con una mia amica. Quanto meno nessuno sapeva che mi piaceva e mi sono risparmiata pietà e commenti.

C. : fratello di una mia amica del liceo. Ma forse più che cotta era ammirazione, apprezzavo che fosse intelligente e colto pur avendo un carattere da buffone.

Mister X: no, davvero. Ne devo ancora parlare? Ho persino un'etichetta per tutti i post che citano/parlano di lui! Anche se di tutti (in questa lista presenti e non) è l'unico che rimpiango, però mò basta.

Ricordate le sagge parole di un'altra canzone:

Stavolta non ci casco, sei tu che devi dirmi cosa stai cercando [...]
Hey, qui si cerca una novità ma soltanto di qualità
Stiamo aspettando, si faccia avanti un altro
MA che sappia quello che fa
e che gli importi se lo stai imbrogliando.
Si faccia avanti un altro!

(Gemelli DiVersi, Avanti un altro, dall'album Reality Show del 2004)

giovedì 20 marzo 2014

Listography Project pt. 10 + 11: countries I've visited + favorite toys in childhood.

Sono terribilmente in ritardo, I know. Pare proprio che forze invisibili cospirino contro di me e soffino via i miei progetti. By the way, ecco la breve lista sui posti dove sono stata e la lista altrettanto breve dei miei giochi preferiti quando ero più piccina (esatto, sono stata anche più bassa di come sono adesso).


The Life In A Year


Allora, da buona siciliana le gite scolastiche erano in giro per l'isola, quindi nomino Agrigento, Selinunte, Palermo, Marsala, Mozia.

Gite che non avevano niente a che fare con la scuola: Carini, Caccamo, Castelvetrano (ci eravamo persi, però l'abbiamo visitata quindi la conto), Erice, Favignana, Marettimo, Parigi (sette giorni molto brevi), una città della Svizzera di cui non ricordo il nome (ma era parecchio bella).


Pt 11.

Camper di Tania: regalo di nonna. Me ne fregava poco della bambola, mi piaceva un sacco quel camper. Con tutti i cassetti pieni di oggettini, il tavolo che usciva da una parte, il letto che usciva da un'altra... Adoravo. Adoravo così tanto che ci giocavo poco, perché non volevo rovinarlo. Sapevo che non ce ne sarebbe stato un secondo.

Mobili da camera da letto: ereditato da Genitrice. Non facevo altro che sistemare il letto a baldacchino, il comodino con l'abat-jour, l'enorme armadio a due ante, il cassettone con lo specchio, e tutto quello che ci ho trovato dentro (vestiti, cornici elaborate con foto, piccoli centrini, ect). Strano che adesso non metto mai a posto la mia roba, né faccio faccende di casa.
Cenerentola è stanca di aspettare il principe e ha mandato al diavolo le faccende di casa.

Tale "Coccolotto", in pratica un orsetto profumato a cui dare il biberon. Ho pregato i miei per quasi un anno, finalmente avevano ceduto: il mio era giallo e profumava di limone e vaniglia. Mai fatto piangere, ero diligente e non gli facevo mai saltare un pasto. Che brava bambina, eh? Finché un giorno arrivò in visita una famiglia con bambina, parenti di zia, la quale mocciosa voleva il mio Coccolotto. Non so perché non volessi prestarlo, ma sapevo che assolutamente mai avrei permesso che il MIO giocattolo finisse in mani sue. La bambina, capendo che non l'avrebbe spuntata in uno scontro alla pari con me, andò a piagnucolare da sua nonna, che andò da mia madre a dirle "a figghia mia vuole solo giocare". Genitrice, che preferiva fare la persona educata piuttosto che mettersi dalla mia parte, usò i suoi metodi per farmelo sganciare.
Ebbene, quella mocciosa me lo ruppe.
Forse la mia prima sensazione che si è avverata, la mia prima previsione del futuro.
Ora che penso meglio a quell'episodio, il giorno dopo che si ruppe quel giocattolo mia madre vedendomi triste disse che era colpa mia se quella lo voleva e me lo ruppe e io mi arrabbiai tantissimo. E non ci fu modo di farmene comprare un altro.
Vorrei poter fare un viaggio nel tempo, incontrare quella bambina e dirle:
"Tranquilla, ti vendicherai ogni volta che le prenderai in prestito una borsa. E per prendere in prestito intendo fartela prestare e restituirla dopo anni quando non sarà più utilizzabile. Per questa preziosa perla dammi la cioccolata, ciao bella!"
Adesso comunque posso capire perché mi viene voglia di impugnare una mazza chiodata quando sento qualcuno chiamare il suo moccioso viziatissimo "u figghio meo!". "U figghio meo" ha rotto le uova e tu che lo incoraggi a continuare rischi di perdere i denti, okay? Anzi, "u figghio meo" detto con voce pietosa è la causa della maggior parte di uomini rompicoglioni di oggi. Gente che rovina i figli e nessuno li ferma con un po' di logica, ah che paese. Offrite lezioni di dizione a 'ste poverette, ve ne prego.


Altri giochi non ricordo, bambole ne ho avute poche perché me le compravano al mercato (quelle di plasticaccia giallastra che appena la tocchi si ammacca irrimediabilmente) e non mi piacevano, bambolotti stile Cicciobello mai avuto, nada. E comunque preferivo giocare a nascondino con i miei cugini o giocare con loro agli esploratori dentro le case abbandonate.

E' tutto, au revoir!

lunedì 17 marzo 2014

Come essere ridicoli in tv.

Ci voleva proprio la febbre a farmi riavvicinare alla tv, dopo anni che ne usufruivo solo per telefilm e telegiornali. Solo sporadicamente mi capita di guardare altro. Comunque, ieri sera iniziavo a sentirmi bene, perciò ho pensato di guardare Giass, il nuovo programma con Luca e Paolo. Inizio a dare ragione a mio padre quando dice SE FANNO TANTA PUBBLICITA' IL PROGRAMMA NON VALE NIENTE. Sorvoliamo sul fatto che entrambi abbiamo guardato Giass, quel concerto di Celentano che qualche mese fa aveva rotto le balle e quel telefilm di mafia con Rosy Abate (sorvoliamo proprio). Premetto che Giass non l'ho visto tutto, che ogni tanto mi addormentavo e che se mi fossi ricordata in tempo che a Deejay tv davano la seconda stagione di American Horror Story non mi avrebbe neanche sfiorata l'idea di saltarlo (per mia fortuna il telefilm lo danno in replica il venerdì sera).
L'idea di base del programma è di evidenziare gli aspetti positivi e notevoli del nord, del centro e del sud. Cosa buona, se non fosse che suddividere una nazione con zero senso della nazionalità non mi pare una buona idea. Se il conteggio non finisce pari per tutte e tre le "macroregioni" sarà una grandissima presa per i fondelli.

Lo so, è un po' off topic ma erano mesi che aspettavo l'occasione di usarla.


In sintesi mi è sembrato un modo per ricordare le diverse metodologie per fare una figura barbina in tv.

1. Essere Daniela Santanché. E senza neanche essere presente, che talento.

2. Passando alle cose serie: essere Alessandro Cecchi Paone e dire che la parola "frocio" non è offensivo.



Afferma anche che più si utilizza la parola "frocio" e meno potere avrà. Che dicesse sul serio o fosse una brutta battuta fatta male, se a lui quella parola piace allora ci si faccia chiamare lui così. Se fossi lesbica mi incazzerei se mi chiamassero frocio. Se in mia presenza chiamate così uno/una dei miei amici è bene se vi mettete a correre, chi si ti pigghio ti fazzo novo (che se ti prendo ti faccio nuovo). Al diavolo, mi incazzo pure se sento uno sconosciuto che viene interpellato così.
Frocio, così come finocchio e altri, sono DISPREGIATIVI e lei, caro signor Paone, da omosessuale e giornalista, dovrebbe ben saperlo.

3. Rendere ridicoli artisti e arte per sottolineare l'orientamento sessuale (tale o presunto) dell'artista e le sue capacità. Alcuni nomi erano Da Vinci, Tasso, Buonarroti.
Questi tentativi di sensibilizzare riguardo l'omosessualità hanno solo l'effetto di ridicolizzare; questo non è umorismo, questo è essere ottusi.

4. Usare cliché per le battute. I pregiudizi sulla gente del sud con famiglie numerose e con l'abitudine di gridare. Che novità. Da spaccarsi dal ridere, proprio.

5. Passeggero che emette aria nei taxi. Scherzo o esperimento? Nel 2014 dobbiamo ancora ridere di gang trite e ritrite che non facevano ridere neanche quindici anni fa a "Scherzi a parte"?
Mi sorprende che nessun autista lo abbia picchiato di brutto. Va bene lo scherzo, va bene che c'è gente veramente così maleducata, va bene che una fuga di aria può capitare. Non sono una che bacchetta, paladina del buon fare e del buon dire. Non voglio, e neanche potrei.
Io sono quella che spara parolacce anche per semplice intercalare. Io sono quella che alle feste di primavera fa a gara di rutti con gli amici. Ma almeno non infastidisco sconosciuti che lavorano. Per lo meno io faccio la rompicoglioni solo con chi mi scoccia.


Poi mi è tornato mal di testa e ho spento la tv.
American Horror story: non mi scorderò più di te.

mercoledì 12 marzo 2014

Traslochi e sbarazzi.

Titolo tratto da esperienza reale (una bottega palermitana offriva servizio di trasloco anche per siculi dalla lingua unica). Ho deciso di togliere le citazioni dalla mia home page, sono in vena di eliminare i pesi morti.


Sorry, Mrs...


Ma siccome sono parole che mi piacciono li metto insieme in un post.

La gente ha sempre dei segreti. Si tratta solo di scoprire quali.
Stieg Larsson, da "Uomini che odiano le donne"



Non esistono innocenti, esistono solo gradi diversi di responsabilità.
Stieg Larsson, da "La ragazza che giocava col fuoco"



Sai una cosa? Esistono milioni di frasi sagge, del tipo "il tempo guarisce le ferite", ecc. Sono tutte solenni stronzate, ragazzo. Il dolore non diminuisce mai. Allo stesso modo come non si smette mai di cercare il motivo di qualcosa che ci tormenta. Ma bisogna fare attenzione a non perdere il lume della ragione (...) ciò che si può imparare è a convivere con il dolore. Non funziona sempre, ma con un po’ di pazienza e col passare degli anni diventa più facile.
Wulf Dorn, da "Il superstite"

sabato 8 marzo 2014

Angry Maya.

Già il titolo dice tutto e potrei fermarmi qui. Ma è così tanto tempo che non mi è permesso di liberare la mia vena polemica e incazzosa che il misfatto diviene obbligo.



Sono di umore nero tempestoso perché non ho il tempo di leggere, ho quel libro buttato su un tavolo a prendere polvere da un mese. Questo perché, oltre all'impegno parascolastico del pomeriggio, ho trovato una specie di lavoro part-time, sei ore per una miseria. Mai un attimo ferma o qualche banconota nel borsellino.
La sera sono esausta e otto ore di sonno non mi bastano. Durante la pausa del mattino è possibile uscire per andare nell'unico bar della zona; io che in pratica sto ancora dormendo con gli occhi aperti ho un disperato bisogno di cappuccino. Il primo sorso stavo per sputarlo in faccia alla tizia: la schiuma non sapeva di latte, sapeva di ricotta. Il giorno dopo provo il caffè, il mio cervello necessita caffeina (non potendo ottenere un paio di short di rum che mi rimetterebbero in vita). E questo è il primo errore dopo avere accettato l'impegno (e l'essere entrata in quel posto, ndr). Il caffè senza la ricotta la schiuma è pure peggio. Ma cambiatelo il filtro ogni tanto, no? Vi pare brutto? Non vi vergognate di farmi pagare 1.30 per due sorsi di schifezza??? Caffè che in qualunque altro posto mi può costare anche la metà.
La soluzione è farmi una caraffa di caffè a casa e portarmi una borraccia. Un buon caffè è un buon caffè, anche se raffreddato.

In quel contesto ho avuto anche a che fare con una donna che dire irritante è dire niente. Per me lei era, è e resterà sempre Hillary. Non ho mai capito come si chiamasse, non mi restava in mente, lei era una figura onnipresente che faceva domande personali, chiedeva di cose private, le chiedeva a tutti davanti a tutti ma lei no. Lei non diceva nulla di sè. L'ho chiamata Hillary perché era una strana combinazione tra Ilary Blasi e Hillary Clinton. Se i DNA delle due donne potessero combinarsi in un unico essere otterremmo Hillary.

Immagina, puoi.


Essendo a conoscenza dei miei impegni e delle mie opinioni (e nel totale disinteresse riguardo alla mia natura facilmente irritabile) Genitrice ha preso la snervante abitudine di dare via le mie cose mentre non sono in casa. Questo privarmi dell'espressione della mia opinione non mi fa rinunciare alla polemica. Ora, non sono una accumulatrice seriale tipo Sepolti in casa, c'è semplicemente una discreta confusione e un attaccamento verso vecchi oggetti. Un esempio, dopo mesi io ancora non mi rassegno al fatto che, sempre mentre non ero in casa, ha dato via il mio divano. Lo so che aveva più dei miei anni, so che la pelle era mal ridotta, so che non aveva più sostegni tra sè e il pavimento; però quel divano era MIO, lo era diventato quando nessuno lo voleva perché era vecchio e si trovava in un punto della casa poco "vissuto". Lo era diventato perché riposavo più su quel divano in due ore di quanto riposo per otto ore sul mio letto. Lo era diventato perché si accordava perfettamente con i miei libri datati, comprati al mercatino dell'usato. Faceva parte della mia oasi di pace.
Al divano hanno fatto seguito libri, quaderni, borse e per finire ha dato un pacco di miei biscotti a Fratello, che ovviamente li ha finiti. Temo di entrare nella mia stanza e scoprire che manca qualcosa (tranne la tv, quel piccolo esserino dei primi anni duemila che si sta auto-eliminando).
Non so perché ho accettato di andare a ballare stasera, cosa che mi indispone di per sé anche senza contare che sono già nervosa.

giovedì 6 marzo 2014

The Listography Project pt. 9: your biggest pet peeves.

Ossia piccole cose che mi danno molto fastidio. Mi ricorda un proverbio siciliano: si mi tocche mi lasso. Proverbio usato in tono sarcastico per indicare una persona che comunica un piccolo malessere trasformandolo in malattie terribili.
Tornando alla lista, avrei tantissime cose da scrivere a dirla tutta, ma ve le risparmio. C'è di buono, comunque, che l'incazzatura mi passa dopo un po' di tempo. Di solito.


The Life In A Year

  • Chi spoilera libri o film. Questa è pura cattiveria.

  • Chi mi tocca mentre parla. Tipo quelli che parlano e mi toccano il braccio, o quelli de "che bella collana!" seguito da palpata al suddetto ciondolo.

  • Chi mi tocca i capelli. Non perché ho capelli perfetti (ma quando mai), mi dà parecchio fastidio. Solo chi ha capelli ricci e crespi come i miei può capirmi. Forse.

  • Chi parla durante la visione di un film. Se volevo una telecronaca in diretta guardavo una partita di hockey. Che per inciso mi diverte così tanto che riesco a ignorare il chiacchiericcio inutile.

  • Chi usa la preposizione in per il moto a luogo. Che senso ha dire "sto andando in Messina"?

  • Chi tocca i miei romanzi. Anche se fosse solo per spostarli di ripiano in ripiano.

  • Chi butta i mozziconi delle sigarette per strada o sulla spiaggia. Fumo anche io, e se non vedo un cassonetto basta prendere un fazzolettino, avvolgere il mozzicone, riporlo in tasca o in borsa e poi gettarlo alla prima occasione nell'apposito cestino. Ormai ci sono più cassonetti che persone, che cosa c'è che non va in quel tuo piccolo e limitato cervellino da pesce rosso? Eh?

domenica 2 marzo 2014

Maya vs. Bloglovin

Inutile aggiungere che, essendo io una pasticciona con pochissimo feeling tecnologico, è stata una dura lotta spostare questo blog su Bloglovin. Erano mesi che ci volevo provare, ma se oggi non fossi capitata per caso sul sito di sicuro avrei ancora procrastinato. Adesso ho pure un ban, mica pizzi e fichi! (che poi, davvero fichi sulla pizza? Sono cose da selvaggi).


Follow on Bloglovin